| Ho letto con molto interesse la discussione, provo a dire la mia per chiedervi un parere su quanto pensate che il mio pensiero sia corretto o meno.
Io credo che l'errore nasca nel momento in cui è la Società (o Accademia che dir si voglia) che va a chiedere il giocatore a un'altra società, mi spiego.
Io penso che il compito di una società di pallacanestro, sia di promuovere i valori dello sport attraverso appunto il basket (e gli statuti societari che si trovano nei siti di molte squadre lo confermano), quindi non necessariamente essere competitivi o vincere campionati, ma promuovere i valori dello sport. Detto questo, è giusto e ovvio che ogni società voglia ben figurare in ogni categoria a livello di classifica in campionato, ma personalmente penso che non debba essere questo il fine ultimo, deve essere solo uno degli obiettivi da perseguire.
Secondo me una società sportiva deve lavorare nel suo bacino di utenza per promuovere il basket il più possibile, usando ogni mezzo possibile per arrivare alla comunità e far vedere e conoscere il basket a tutti, (andando nelle scuole, tornei nella piazza del paese, organizzando trasferte per andare a vedere partite di alto livello e così via), il tutto però deve essere finalizzato alla trasmissione dei valori dello sport, non alla vittoria dei campionati. Viene da sé, che se la richiesta di cambio società arriva direttamente dall'atleta (che sia fomentato dei genitori o no poco cambia), la Società di appartenenza ha il dovere di lasciare andare il suo tesserato in una situazione che lui ritiene più congeniale per lui, qualunque sia il motivo che lo spinge a farlo e anche se non lo condivide.
Quindi sono d'accordo solo in parte con chi dice che i 15 migliori giocatori debbano giocare per forza insieme per migliorare, a mio modo di vedere migliorano se sono allenati da allenatori di livello (condivido tutto quello detto a riguardo finora) e se hanno la possibilità di giocare in contesti e strutture all'avanguardia (pressochè impossibile in Italia ad oggi, purtroppo).
Faccio un paragone, forse un po' azzardato, con il campionato universitario americano, che è un campionato in cui il reclutamento è una fase fondamentale per le sorti del campionato, quello che cambia è come è fatto il reclutamento, che è fatto con le Università che si propongono ai migliori prospetti, ma la decisione finale su dove andare spetta sempre all'atleta. Rapportare questa situazione (con le dovute proporzioni) al contesto italiano vorrebbe dire che ogni Società si propone per quella che è, a livello di allenatori, impianti, attrezzature, visione, campionati ecc., ma sono gli atleti/i genitori a decidere, scegliendo la soluzione che ritengono più congeniale per loro a livello geografico, organizzativo, tecnico, umano, sentimentale e via dicendo.
In pratica penso che se ogni Società rivolgesse tutte le sue risorse/forze a migliorarsi e a rendersi più "appetibile" agli occhi della popolazione, rispettando sempre la scelta degli atleti, la selezione verrebbe fatta quasi automaticamente senza bisogno di andare a prendere il super aquilotto per vincere il campionato; sicuramente ci sarebbe qualche campionato vinto in meno, ma a mio modesto parere il movimento ne gioverebbe.
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