| Mi poni una domanda non da poco... Facciamo un passo indietro. Negli anni scorsi ho seguito le giovanili iniziando dagli under 15, in alcuni casi addirittura under 14, e ad un certo punto sono stato in grado di dire che a mio parere c'era un nucleo di giocatori di grande talento che poteva arrivare molto lontano. Feci i nomi di Matteo Spagnolo, Gabriele Procida, Matteo Parravicini, Davide Casarin, mentre trascurai il potenziale di Giordano Bortolani. Sono state promesse tutte mantenute, in alcuni casi anche con grandissimo anticipo. Ma - per essere onesto fino in fondo - ho anche molto apprezzato altri giocatori che non dico si siano persi, ma al momento stanno dando risultati inferiori a quanto mi aspettassi. Faccio un nome tra tutti: Ursulo D'Almeyda, che a me davvero sembrava avesse il potenziale fisico, atletico e tecnico per diventare un vero crack. Adesso sarebbe naturalmente troppo lungo spiegare perché a mio avviso alcune promesse siano state mantenute e molte altre no, anche se io resto convinto che il ruolo "protettivo" del percorso di alcuni talenti da parte della loro società di appartenenza resti cruciale. Troppi trasferimenti e troppo in fretta non concorrono secondo me alla vera crescita di un grande talento. Tu mi chiedi chi possano essere i nuovi talenti da serie A e io ti rispondo che non c'è partita che io vada a vedere dove non mi ponga subito questa domanda, dalla più scalcinata delle palestre al più superbo dei palasport. Mi chiedo sempre cioè se in campo ci sia un "futuribile" (a me piace chiamarli così) dai grandi numeri e dalla grande tecnica, potenzialmente in grado di prendere un vero ascensore verso non solo la serie A ma addirittura verso l'NBA. Ho imparato di sicuro una cosa: che ci sono molti ragazzi dotati di grande tecnica, ma che al di là della dotazione tecnica nei fondamentali e nella lettura del gioco in campo, bisogna possedere due qualità di base, fondamentali, che pochissimi possono vantare insieme: bisogna cioè essere dei "freddi", cioè giocatori poco emotivi, che sotto pressione rispondono dando il meglio di sé e non scomponendosi e svanendo, e bisogna avere "il fisico". Non è facile trovare tutte queste componenti nello stesso giocatore. Tecnica, freddezza, lettura di gioco, carattere, fisico. Il basket purtroppo è uno sport profondamente "razzista" e uso questo termine tra virgolette per spiegare che è uno sport discriminante e ingeneroso. Puoi essere bravissimo quanto vuoi ma se sei alto 1,70 e pesi 60 kili, purtroppo non avrai mai un futuro in questo sport. E' un dato immodificabile e chi dice il contrario fa retorica. Gli States ci indicano sempre più che la strada della super-eccellenza va in direzione di uno strapotere fisico-atletico. Certo, accompagnato da grandissime altre doti, ma quella resta una premessa basilare. Sotto i due metri c'è solo Stephen Curry e pochissime altre eccezioni. Quindi sempre più mi chiedo: arrivare in serie A è certamente un traguardo, ma se poi vado in serie A a sventolare gli asciugamani, che ci vado a fare? Di conseguenza non basta più neanche chiedersi se questo o quel ragazzo arriveranno in serie A ma bisogna anche chiedersi se ci arriveranno per giocare o fare tappezzeria e allenamenti. Qualche giorno fa il forumista Kubla reload ha scritto una cosa secondo me sacrosanta, che cioè il nostro sistema basket nella massima serie prevede almeno 6 stranieri per squadra e in genere allenatori molto poco disposti a rischiare sui nostri giovani. E' verissimo, purtroppo. Quindi per gettare in campo un ragazzo promettente e farlo giocare c'è bisogno non soltanto che quel ragazzo dimostri vero, grande talento, ma anche che i coach abbiano coraggio e voglia di rischiare. Merce rarissima...
Mi dilungo nella risposta, ma è un tema che io trovo appassionante. Prendo il caso di Davide Casarin. Questo ragazzo è nato nel 2003 e ha fatto tutto il minibasket e settore giovanile nella Reyer Venezia. Il 12 maggio del 2019, cioè a 16 anni, ha fatto il suo primo canestro in serie A, contro Brescia. E' un talento purissimo, un play/guardia alto 1,97 nato e cresciuto nella stessa società, che lo ha portato a maturazione e solo quest'anno lo ha prestato alla Scaligera Verona per la corsa alla serie A, regolarmente centrata. Ma la Reyer ha già dichiarato che adesso il ragazzo tornerà a casa. Secondo me questo è il percorso corretto. E non è un caso se anche Procida, altro grande talento, sia sempre rimasto a Cantù negli anni fondamentali della crescita e della maturazione. Protetto, cresciuto con attenzione, portato a maturazione come atleta. Adesso a Varese questo sta accadendo con Librizzi e Virginio. A Librizzi è stato appena rinnovato il contratto per restare stabilmente a Varese.
Faccio questi esempi, che sono solo i più eclatanti, perché rispondere alla domanda di chi arriverà in serie A secondo me non è più neanche sufficiente. Bisogna cioè chiedersi arrivare in serie A come, per fare cosa, per giocare quanto. Ma comunque non voglio eluderla e proverò a rispondere, anche se con alcune clausole, diciamo così...
Se togliamo i due anni di fermo Covid, ho visto dal vivo moltissimo basket giovanile, e non solo lombardo. Sono andato a vedere finali nazionali un po' ovunque e sempre ho trovato motivo di divertimento. Non soltanto negli alti livelli dell'eccellenza, ma anche a livelli regionali e addirittura locali. Ero anche presente all'ultimo Bulgheroni disputato. Una volta vidi giocare un play semplicemente strepitoso, di algida bellezza tecnica, su un campetto sperduto silver. A fine partita gli chiesi: ma come mai giochi qui? Mi rispose snocciolandomi tutte la varie società che lo avevano richiesto, tutte rifiutate. La ragione? I suoi genitori non volevano che giocasse, non avrebbero mai dato il consenso ad un trasferimento e volevano che studiasse soltanto... Succede spesso, e in ogni parte d'Italia. Così come succede l'esatto contrario, che genitori senza senno credano che il loro figliolo sia il nuovo Curry e si arrabbino moltissimo se qualcuno poi scrive che (forse) potrà al massimo arrivare in C Gold... Continuo e continuerò sempre a vedere basket giovanile e queste due finali nazionali, under 19 e 17, sono state un vero ricostituente per l'anima. Ma... Posso dire di aver visto un vero, potenziale, grande talento? Forse, e dico forse, soltanto uno.
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