Sarebbe piaciuto a Bank robber
l'opinione di wu ming sui grillini:
www.wumingfoundation.com/giap/?p=4024&cpage=1#comment-5784per rispondere alla tua domanda servono alcune premesse, e così ne approfitto per riversare qui un po’ di appunti, scritti e no. Magari questo commento diventerà il nucleo di un futuro testo più dettagliato e articolato.
La chiave è la questione del “Né destra, né sinistra”.
Il più delle volte, quando qualcuno dice di sé “Non sono né di destra né di sinistra”, il vero e unico bersaglio polemico della frase è l’essere di sinistra.
“Non sono né di destra né di sinistra”, novantanove volte su cento, significa soltanto: “Non sono di sinistra”.
Infatti quella frase al negativo è un refrain tipico dei fascisti (tanto che secondo lo storico Zeev Sternhell è la frase-chiave per capire genesi e autorappresentazione del fascismo), ed è piuttosto facile usarla come cartina di tornasole per sgamare i cripto-fascisti.
Il prefisso “cripto-” deriva dal greco, e lo si usa per qualcuno che nasconde (di solito male) la sua vera natura. Nel caso in oggetto, però, allude anche a un “parlare cifrato”, decrittando il quale si trova l’animus fascista / qualunquista / poujadista etc.
Occhio soprattutto alle metafore: ad esempio, per un fascista il nemico è sempre “liquido” e informe (fiumana, marea, melma etc.)
[Molto utile, come vademecum, il pamphlet Il secco e l'umido di Jonathan Littell, che popolarizza e applica a un caso specifico quel che Klaus Theweleit ha scoperto sulla mentalità fascista: il fascista si descrive sempre come impossibilmente *asciutto*, le metafore che usa per descriversi fanno sempre riferimenti allo stato solido della materia, e ha sempre una forma certa, con contorni netti e riconoscibili, mentre gli altri sono amorfi, informi, sbavati, "il-limitati" etc.]
Un’altra metafora che rivela il cripto-fascista è quella dell’assedio subito: ci stanno invadendo, ci stanno assediando.
In realtà anche questa ha a che fare con la dicotomia “solido”/”asciutto” vs. “liquido”/”bagnato”: l’invasione è un’alluvione, è un tracimare, qualcosa che viola un confine etc. Qualcosa che spesso viola il nostro mondo entrandovi *di nascosto* (il “clandestino”).
Perché i partiti e movimenti che procurano allarme e alimentano paure sull’immigrazione si concentrano così ossessivamente sui barconi, su Lampedusa, sugli “sbarchi”, nonostante negli ultimi dieci-venti anni la maggior parte dei cosiddetti “clandestini” sia entrata in Italia via terra (con visto turistico etc.)?
Forse perché il campo semantico “marittimo” (l’acqua che circonda il nostro paese, le onde, la sconfinatezza del mare) permette di tenere attivato il frame dell’invasione “liquida”: ad arrivare è una “marea” di immigrati etc.
Su Twitter abbiamo dato un ironico “compito a casa”:
«Trovare esempi di “nemico liquido” e metafora dell’assedio/invasione nella prosa di chi dice “Non sono né di dx né di sx”. A cominciare dai post (e commenti!) su beppegrillo.it e dai commenti lasciati dai pasdaran “grillini” ovunque il guru venga criticato.»
E abbiamo anche messo in guardia chi si accingeva all’opra:
«Quel che uno dice di se stesso conta poco. E’ più importante quel che rivela di sé quando descrive gli altri.»
Infatti, bisogna tenere presente che il modo in cui i grillini descrivono se stessi trasuda di quella retorica dei “processi dal basso” che il grillismo ha avuto in dote dai movimenti altermondialisti e in seguito “ri-incorniciato”.
In un suo articolo, Favia (personaggio che noi ricordiamo con un cartello al collo: “LUTHER BLISSETT E’ QUI”) è addirittura ricorso al concetto deleuzo-guattariano di “rizoma” per descrivere come funziona il “Movimento 5 Stelle”.
[Favia da ragazzino costeggiava la controcultura bolognese. Ha orecchiato qualche parola e adesso la usa come pezza d'appoggio.
C'è un "piccolo" dettaglio: Grillo è proprietario unico del logo e del nome "Movimento 5 Stelle" e decide lui insindacabilmente chi possa usarlo. Un "percorso obbligato" tipico di una struttura "arborescente", cioè l'opposto concettuale del rizoma.
Del resto, tempo fa persino Fare Futuro parlò di "patria rizomatica", usando l'espressione a cazzo di cane.]
Questa retorica autoreferenziale e auto-elogiativa è utile a chi voglia analizzare i discorsi “grilliani” e “grillini” solo se la si legge in relazione a come costoro descrivono i loro *nemici*.
Ovviamente, molti cripto-fascisti non sanno di essere tali. E si indignano se qualcuno lo insinua. Sono come omosessuali “in the closet”. Di solito si difendono da quest’accusa… attaccando la sinistra, “i pregiudizi della sinistra” etc.
E va tenuto presente che ormai da decenni non c’è discorso razzista che non sia fatto in nome dell’antirazzismo. Negli anni Settanta-Ottanta la Nouvelle Droite francese di Alain De Benoist diede una parvenza di dignità teorica al nuovo “razzismo differenzialista” (cioè culturale anziché biologico) e lo chiamò… “antirazzismo differenzialista”.
Il suggerimento è: partire dai post dove si parla di immigrazione. Il blog di Grillo offre alcune “perle”:
I confini sconsacrati
Il tabù di Napolitano
Un clandestino è per sempre
Buon lavoro a tutt*.
Tutto questo per provare a rispondere alla tua domanda:
come va interpretato il voto al M5S da parte del 9% degli elettori bolognesi? Cito:
“[Va interpretato] come volontà di cambiamento male indirizzata e condizionata dalla visione (Secondo me totalmente sbagliata) di Grillo come “eroe rivoluzionario”, “innovatore”, ecc ecc ecc, o come consapevole scelta di condivisione di alcune tematiche simil-leghiste (Vedi la xenofobia) mixata con la volontà di mantenersi più o meno a sinistra?”
Per quel che vale una risposta empirica: ho constatato di persona, parlando con amici che volevano votare il candidato sindaco del M5S, che di certe orribili posizioni di Grillo (e di come funzioni il rapporto tra quest’ultimo e il movimento) non sapevano niente. Davvero, cadevano dalle nuvole. Eppure è gente che si informa. Alcuni di loro volevano usare il M5S per il voto disgiunto, cioè votare quel candidato per protestare contro la decisione da parte della sinistra (SEL e FdS) di appoggiare Merola, ma per il consiglio comunale avrebbero votato comunque una lista di sinistra.
Una parte del voto al movimento era sicuramente composta da elettori di questo tipo.
Poi c’è gente che “si è rotta i coglioni” o se ne fotte della politica e che se non ci fosse stato il M5S si sarebbe astenuta (scelta a mio modo di vedere più condivisibile), gente che vota i grillini perché li identifica con Grillo che è un personaggio famoso, e poi sicuramente gente che, semplicemente, ci crede.
Il problema che vedo non è certo l’eventuale malafede di chi vota, bensì la creazione di uno spazio “né di destra né di sinistra” in cui trova posto tutto e il contrario di tutto. Mi preoccupano le violente oscillazioni e trasformazioni di enunciati che hanno luogo in quello spazio. Mi preoccupa il vicolo cieco in cui tante persone, a mio avviso, si stanno infilando. Mi preoccupano la ricerca di scorciatoie, l’aizzamento della collera contro il falso bersaglio dei “politici”, l’uso di Internet come pulpito da telepredicatore. Mi preoccupa il fideismo che vedo in molti fans dell’ex-comico diventato demagogo.
NOTA/DIGRESSIONE
Esistono circostanze e nicchie di discorso in cui il concetto di “sinistra” è messo in discussione… da sinistra, in quanto insufficiente, inadeguato, eccessivamente inscritto in una rappresentazione parlamentare o para-parlamentare.
Io stesso penso che “sinistra” non basti a descrivere le mie posizioni, nel senso che trovo necessario aggiungere precisazioni e qualificazioni. Io non sono semplicemente “di sinistra”: io mi riconosco in un phylum di idee rivoluzionarie e di lotte per l’uguaglianza che attraversa i secoli; penso che la specie umana – previa una rottura radicale nella temporalità in cui siamo immersi – debba avviare la fuoriuscita dal capitalismo; penso che l’obiettivo da realizzare sia la società senza classi etc. etc.
Però, è chiaro che se devo semplificare e voglio evitare di aprire troppe parentesi, non ho problemi a dire che sono di sinistra.
Anche Serge Quadruppani, che pure rifiuta la “sinistra” (per i motivi appena detti, peraltro analoghi a quelli più volte esposti da Alain Badiou, o da alcuni anarchici), comunque reintroduce il concetto dialetticamente – l’Uno che diventa Due! – quando dice:
“Ci sono due modi di non essere di destra né di sinistra: un modo di destra, e uno di sinistra”.
[L'ennesimo inciso: anche George Lakoff critica la rappresentazione destra-sinistra, perché fa pensare che le persone siano allineate l'una l'accanto all'altra, su un'unica fila, e che si possa procedere con continuità da "quello più a destra" a "quello più a sinistra". Invece, dice Lakoff, la realtà è multilineare e multidimensionale, il modo in cui si formano le nostre idee è complesso etc.
Il difetto della critica di Lakoff è che in essa non c'è posto per la storia. Lakoff in questo è tipicamente americano, il suo mondo è tutto "sincronico", limitato al presente. Il concetto di "sinistra" può essere capito solo con un approccio "diacronico", cioè storicizzante ("Storicizzare sempre!", intima Fredric Jameson, con tanto di punto esclamativo, all'inizio del suo capolavoro L'inconscio politico). Un approccio che ne ripercorra la genealogia e le trasformazioni. "Sinistra" è qualcosa che discende i fili del tempo in un certo modo, viene da un certo posto nel passato dove si è lottato e vuole andare in un certo posto nel futuro dove si lotterà. ]
Insomma, ci sono casi in cui il concetto di “sinistra” è criticato per la sua *insufficienza* da punti di vista che si sono formati nel phylum della sinistra rivoluzionaria.
Un mio amico usava dire: “Io non sono di sinistra: sono comunista!”
Quest’attitudine, però, non è in alcun modo riassumibile nella frase “Io non sono di destra né di sinistra”, che anzi, riassume l’attitudine contraria: chi la usa afferma di non porsi “né di qua né di là”, quindi afferma l’equivalenza e l’indistinguibilità tra diversi percorsi e diverse storie, e quindi “getta tutto nel mucchio”. Così fa scomparire il conflitto primario – quello che a cui i concetti di “destra” e “sinistra” continuano ad alludere, anche se più flebilmente che in passato, cioè la lotta di classe – in nome di surrogati, diversivi, conflitti sostitutivi, come quello tra la “ggente” e i “politici”.