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Chi è stato?, Omicidio Calvi: a 28 anni di distanza, ancora nessun colpevole

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view post Posted on 8/5/2010, 09:54
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Orgoglioso membro del club "strozzi ed anche un po' cornuti"

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Una capsula (da clonazione) di fluido primario...

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http://www.repubblica.it/cronaca/2010/05/0...ntenza-3887549/

Riassunto delle puntate precedenti.

Roberto Calvi, entrato negli anni '50 come semplice impiegato da sportello al Banco Ambrosiano, dopo tre lustri era diventato il collaboratore di maggior fiducia dell'allora presidente dell'istituto, Canesi. Uomo ambizioso, Calvi si lanciò nella scalata ai vertici della banca, fino a raggiungerne la presidenza. Per fare questo, si mosse su tre fronti: il primo, l'acquisto di azioni del Banco stesso; il secondo, la rivoluzione culturale all'interno del mondo creditizio istituendo un comparto estero e dotando l'Ambrosiano di una mentalità imprenditoriale fino ad allora assente; il terzo, la frequentazione con il gotha della finanza cattolica del periodo e con affaristi senza scrupoli.

La terza condizione espose Calvi al ricatto: Michele Sindona, suo ex maestro di truffe ed ex sodale, una volta travolto dal crack del suo impero, non si fece scrupoli a far affiggere sui muri di Milano manifesti compromettenti riguardanti i conti esteri della famiglia Calvi ed i dettagli dei soldi "neri" in questi depositati, operazione per operazione. Era l'Italia della P2, cui entrambi i soggetti erano affiliati. La terza punta del triangolo era l'arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, presidente dell'Istituto per le Opere di Religione (IOR): con questo tramite, per Sindona e Calvi era stato possibile attivare un canale pressocchè a prova di intercettazione da parte della Banca d'Italia per esportare all'estero i capitali dei propri clienti, eludendo la legge valutaria ed il fisco. Con l'arrivo al soglio di Pietro di Karol Woytila, la strategia del duo Calvi-Marcinkus (Sindona era ormai entrato nella spirale di non ritorno) mutò in senso interventista: i capitali dell'Ambrosiano, trasferiti con sempre maggior frequenza all'estero - anche attraverso l'apertura di filialia quali l'Ambrosiano Andino a Lima e lo Ambrosiano Group Banco Comercial de Nicaragua a Managua (banca preferita dal dittatore Anastasio Somoza per riciclare e mettere in salvo il proprio denaro negli ultimi rantoli del suo sanguinario regime) - e poi fagocitati da misteriose società panamensi. Il gioco si fece pericoloso, poichè quei soldi, inviati poi nella Polonia tanto cara al nuovo pontefice per finanziare la ribellione antisovietica, oltre a costituire un pericolosissimo potenziale casus belli per un possibile mutamento di stato nella Guerra Fredda, pesavano sui bilanci dell'Ambrosiano, che veniva costantemente svuotato.

I trucchi adottati per mascherare il tutto saltarono nella primavera del 1981. La P2, attraverso le indagini dei PM Turone e Colombo (che erano impegnati dal caso-Sindona nella ricerca della famosa lista dei 500 esportatori di valuta italiani), venne alla luce in larga parte del suo marciume, togliendo a Calvi l'ombrello di protezione. Un altro procedimento giudiziario, stavolta a carico dello stesso banchiere e dei suoi sodali (Valeri Manera, Bonomi jr.) per esportazione clandestina di capitali tramite la compravendita gonfiata di azioni assicurative, portò l'intero gruppo dirigente dell'Ambrosiano e della sua finanziaria, la Centrale (ex elettrica, ceduta a Calvi da Sindona quando questi fallì la scalata alla Bastogi), nelle celle del carcere di Lodi. A poco a poco, tra rivelazioni scottanti dello stesso Calvi, che in carcere parlò per la prima volta di tangenti versate al PSI craxiano, ed indagini della Banca d'Italia, si compilò un quadro preciso della situazione. Il Banco era sull'orlo della bancarotta. Calvi, uscito di prigione dopo un tentato suicidio nonostante la condanna in primo grado, si mise alla disperata ricerca di aiuto. Bussò a mille porte ed alcune di queste gli aprirono: la mafia, la Banda della Magliana, l'Opus Dei. I criminali videro in Calvi l'occasione per assumere il controllo indiretto di un istituto di credito utile alle loro necessità di riciclaggio, mentre la "mafia bianca" della Chiesa cattolica voleva utilizzare lo scandalo per giochi di potere interni alla curia vaticana. Nell'affaire entrarono altri personaggi: il finanziere italo-svizzero Orazio Bagnasco; il faccendiere andreottiano Ciarrapico; la superspia Francesco Pazienza; il costruttore sardo Flavio Carboni. Tutti volevano un pezzetto del cadente impero di Calvi, ma difficilmente tutte queste entità avrebbero potuto convivere.

I paradossi si fecero sempre più clamorosi e pericolosi. Nella primavera dell'82 un boss della Magliana-Testaccio, Danilo Abbruciati, salì a Milano per compiere un atto di intimidazione a danno di Roberto Rosone, vicepresidente del Banco: nell'azione, il banchiere ed il suo autista furono gambizzati, mentre il malvivente finì freddato a revolverate da un vigilantes mentre si dava alla fuga. Calvi comprese che il tasso di pericolo era altissimo, tanto più che le scarne garanzie ottenute per guadagnare tempo e trovare denaro fresco da pompare nelle casse esangui dell'istituto stava scadendo: Marcinkus, firmando delle lettere di patronage, aveva garantito fino al 30 giugno 1982 il debito, riconoscendo la proprietà delle misteriose società panamensi da parte del Vaticano; in cambio della "cortesia", il prelato aveva preteso una lettera di manleva da parte di Calvi, che in sostanza liberava lo IOR da qualunque responsabilità. Un nodo scorsoio perfetto.

A giugno, l'epilogo del dramma. Calvi, spaventato anche dal prossimo processo d'appello per i fatti dell'anno precedente, si affidò a Carboni per espatriare segretamente (il passaporto gli era stato ritirato) e tentare l'ultimo, disperato salvataggio. Il peregrinare del finanziere lo portò a Trieste, Koper, Klagenfurt, Bregenz ed infine a Londra, nello squallido hotel Chelsea Cloister, dove assisteva alla televisione alla guerra delle Falkland (l'Ambrosiano aveva finanziato l'Argentina dei torturatori nell'acquisto dei missili Exocet), guardato a vista da Silvano Vittor, contrabbandiere istriano, uomo di Carboni. Fu qui che le speranze finirono. Qualcosa nelle trattative non funzionò e Calvi fu liquidato in tutti i sensi. Il 17 giugno, a Milano, in una seduta del CdA, il presidente fu esautorato di tutti i suoi poteri e venne votato a maggioranza un Odg che prevedeva la richiesta di un commissario liquidatore alla Banca d'Italia; a seduta ultimata, nel cortile dello stabile della sede centrale della banca fu trovato il corpo sfracellato della segretaria di Calvi, Graziella Corrocher: ufficialmente suicidio. Poche ore più tardi, Calvi a Londra andò incontro al suo destino. La mattina seguente, il suo cadavere venne rinvenuto appeso con una corda stretta al collo con un nodo a gassa d'amante ad una impalcatura sotto il Blackfriars Bridge.

Chi era stato? E perchè? Le indagini della polizia metropolitana di Londra affermarono prima che Calvi si era suicidato, poi invece che non era possibile se si fosse trattato di suicidio oppure di omicidio. In Italia, i commissari liquidatori del Banco si scontrarono con lo IOR, che forte della lettera di manleva e del termine di scadenza del patronaggio concesso respinsero ogni addebito: il "buco" ammontava a 1,5 miliardi di dollari dell'epoca, un crack colossale che aveva rovinato migliaia di piccoli risparmiatori. Qualche anno più tardi, mentre il Vaticano versava "a titolo di contributo volontario per lenire le sofferenze altrui" qualche milione di dollari per coprire in minima parte gli ammanchi che la spregiudicata condotta papale in termini di politica estera aveva causato. I pentiti di mafia, parlando del crack contribuirono a far luce sui risvolti della bancarotta: i processi riguardanti il fallimento dell'Ambrosiano ed il conto cifrato "Protezione" accertarono la verità.

Resta però ancora oggi il mistero su chi abbia ucciso Roberto Calvi e perchè. Francesco Marino Mannoia e Tommaso Buscetta indicarono Francesco Di Carlo (trafficante di droga espulso da Cosa Nostra e riparato a Londra, poi pentitosi) come esecutore materiale del delitto tramite strangolamento con successiva messinscena. Chi aveva dato l'ordine e perché? Non si sa. Gelli e Pazienza non hanno avuto ulteriori addebiti per la vicenda; il pentacolo composto da Carboni, Calò, Diotallevi, Vittor e la Kleinzing (amante di Carboni) è uscito indenne dal primo e dal secondo grado di giudizio. Ancora un delitto eccellente senza giustizia?
 
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conmar
view post Posted on 8/5/2010, 10:58




Ma allora sei proprio duro Fede....
Calvi si è suicidato.. lo vuoi capire o no? -_-
Chissà se Marcinkus gli ha dato l'estrema unzione....
 
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view post Posted on 8/5/2010, 21:11
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sportivo sarà lei !

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la prima a sinistra poi ancora a sinistra.

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con l'olio di ricino
 
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2 replies since 8/5/2010, 09:54   88 views
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