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| La P che indica il posteggio, il palo che la sostiene, tre giri di catena che avvolgono il sindaco di Firenze Leonardo Domenici. C'è anche la copia del "Corriere della sera" su cui il primo cittadino della città del giglio annuncia l'abbandono dalle scene politiche al termine del mandato amministrativo. Quella ce l'hanno portata i cronisti, vogliono sapere anche loro. Il tema del giorno però è un altro, l'allievo prediletto di Massimo D'Alema c'è l'ha con la stampa di sinistra. Via Solferino è lontana, siamo sulla Cristoforo Colombo, sede del gruppo editoriale "Repubblica- l'Espresso", quello che ha seguito con attenzione il cammino politico di Domenici a Firenze, di Domenici presidente nazionale dell'Anci, di Domenici uomo di spicco del Partito democratico. Se confermato nei prossimi mesi, il suo sarà un addio pesante. Staremo a vedere. Di sicuro più pesante ancora è la sua arrabbiatura nei confronti del quotidiano "la Repubblica" e del settimanale "l'Espresso", querelati a più riprese - in un caso anche in sede penale - per quanto diffuso negli ultimi giorni nelle pieghe dell'inchiesta fiorentina sullo sviluppo urbanistico dell'aria di Castello. Il sindaco non è indagato, ha chiesto lui di parlare con i magistrati che gli hanno risposto "prego signor sindaco, si accomodi". Ma le intercettazioni pubblicate a pioggia su tutti i quotidiani a larga tiratura - quelle che il vice sindaco Matulli definisce «polverone da far decantare» - raccontano a colpi di titoli ad effetto e telefonate talvolta disinvolte uno spaccato di amministrazione pubblica che il giudice delle indagini preliminari definisce discutibile. Potere e politica, la politica è anche potere. A quattro mesi dal termine del suo decennale mandato amministrativo Domenici è nero. A costo di apparire ridicolo sceglie il gesto eclatante per raccontare la sua verità. Giovane e di bell'aspetto, si mostra a telecamere e taccuini. Elegante anche con il giaccone e con i tre giri di catena che lo avvolgono, un lucchetto per sigillare il tutto, mostra due manifesti scritti a mano. Dicono "sì alla difesa della dignità e della onorabilità". E "no all'informazione distorta". Domenici torna sugli articoli, nega di avere subito «l'onta» di un interrogatorio dai magistrati («l'ho chiesto io con una lettera aperta») e di aver fatto «accordi segreti». Ricorda i suoi 9 anni di amministrazione «senza macchie», segnala «c'è un attacco politico evidente» contro il Pd e torna con il ragionamento a Firenze: «Non è vero che l'idea era di mettere lo stadio al posto del parco». E ancora: «Mi sono visto a Roma con Della Valle e Ligresti, è stato un incontro riservato e non segreto all'hotel Hassler. Ho cercato di trovare un accordo tra di loro, di dare una risposta alla richiesta che viene dalla città di spostare lo stadio. E non per fare un favore a Della Valle. Forse - ironizza - avrei fatto meglio a portarmi dietro giornalisti e telecamere...». E' un fiume in piena Domenici. Ci tiene a far sapere «la sua verità», quella che l'ha portato a fare un gesto «che non è certo usuale per uno con il mio carattere». Attorniato da giornalisti e telecamere, Domenici parla del Pd, spiega che «non ho coinvolto la direzione né Veltroni in questa mia iniziativa, non lo sapevano». Gli chiedono: «Il segretario ha chiamato?», e lui: «Non ancora, anche perché ho il telefono spento... Ma chiamerà». Contro il Pd, spiega Domenici, «c'è un attacco politico», pur senza nascondere che «ci sono problemi. In un partito che è solo la sommatoria di posizioni e di correnti non ci sto proprio benissimo». Il direttore di "Repubblica" Ezio Mauro? «Non l'ho sentito, non credo sia in sede. Sono venuti a salutarmi il giornalista Concetto Vecchio e il vicedirettore Dario Cresto-Dina». Se potesse tornare indietro, gli chiedono, cosa cambierebbe? «Forse potevo starmene tranquillo. Invece di dare avvio al percorso per lo stadio di Castello, potevo fregarmene e dire "ci penserà chi viene dopo di me"». Nel Pd si discute, fin troppo. E da discutere ce n'è, anche tanto. «La questione morale?Innegabile che ci sia, c'è assolutamente nel Pd», manda a dire Silvio Berlusconi in trasferta a Pescara. Impuntito. Sull'eventualità di una nuova Tangentopoli, il premier aggiunge: «Non amo questo nome. Certamente la sinistra italiana sbagliava quando pretendeva di avere l'esclusiva dell'etica. Non ce l'ha e non l'ha mai avuta». Esagerato. La brava ed elegante portavoce di Domenici apre il lucchetto. Il sindaco è libero. Anche perché nessun magistrato ad oggi mette in dubbio alcunché del suo comportamento. Poi via, verso l'auto che lo riporterà lungo le rive dell'Arno. La macchina parte, i cronisti si accalcano, Domenici alla guida innesta la marcia e se ne va. Il maestro può essere fiero del suo allievo prediletto Edited by gruppo ultra' firenze - 7/12/2008, 21:19Attached Image: 1.jpg
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