| Posto e condivido in pieno l'articolo del grande Stefano Olivari apparso su indiscreto.it di oggi (sito che consiglio agli amanti del calcio e del basket raccontati come nessun altro fa...)
Un turno di lutto e poi addosso al guardalinee di Stefano Olivari 4/4/2005
Lunedì 4 aprile 2005, ore 16 e 20
1. Il dolore non è proprio la stessa cosa dell'esibizione del dolore. Per questo nell'obbligo di lutto nazionale, più mediatico che politico, seguito all'agonia e alla morte del Papa c'è qualcosa di inaccettabile, senza entrare in discorsi sulla laicità dello Stato e sul rispetto di altre fedi religiose. Con il solito complesso di inferiorità, il mondo dello sport italiano si è accodato a questa richiesta di dolore esibito, presto trasformatosi in una gara a chi diceva la cosa più intelligente e originale su Giovanni Paolo ll, titoli neutri del genere 'Il lungo viaggio del Santo Padre' per mascherare eventuali buchi per una morte durante la notte, lapidi preventive, e libri in promozione (l'amico Jacky non si è ancora ripreso dalla visione di Paolo Mosca a Omnibus, con la sua ultima 'fatica' in mano, guarda caso riguardante Giovanni Paolo ll). Si è accodato nel modo peggiore, il mondo dello sport, dando l'impressione, a livello dirigenziale, più di non voler fare brutte figure che di invitare al raccoglimento (siamo pur sempre quelli degli applausi durante il minuto di silenzio). Venerdì scorso l'orientamento della Lega Calcio era quello di giocare comunque, attendendo la morte del Papa. In caso di morte prima delle partite, annullamento. In caso di morte a partita in corso, si sarebbero finite solo quelle partite. Una incertezza atroce, legata a una vita, che Petrucci ha tamponato stoppando tutti. Giocare, lavorare, vivere comportandosi secondo i precetti del cattolicesimo sembrava una cosa troppo trasgressiva. Meglio fermarsi e poi fra qualche giorno linciare il guardalinee.
2. Il dirigismo però poco si presta alla gestione del dolore, anche di quello esibito. Il caso delle qualificazioni ai campionati italiani di scherma (fioretto femminile e sciabola maschile) a Eboli, portate avanti per volontà della Federscherma e di gran parte degli atleti, ma fatte saltare da una ribellione della maggioranza degli arbitri (15 su 23), è emblematico. Non si può imporre nè il lutto nè tantomeno il non-lutto: chi se la sente va avanti, chi non se la sente si ferma e si raccoglie in preghiera o in meditazione. Detto senza ipocrisia, la maggior parte di noi è stata costretta dalla vita ma anche da noi stessi ad andare avanti subito dopo dolori immensi, dalla morte di un genitore a quella di un amico carissimo, e pur colpita dalla morte del Papa è riuscita lo stesso a vivere e al tempo stesso a meditare sull'importanza di Karol Wojtyla. No al dolore di Stato, sì a quello vero, di persone che senza bisogno di dimostrare qualcosa ieri mattina sono andate a Messa, dopo secoli di assenza. Mai visto un tutto esaurito simile...
3. Per una volta la Ferrari ha dimostrato di essere italianissima, facendo (male) la sua corsa in Bahrein ma volendo anche al tempo stesso fare la figura di chi si dissociava. Il minuto di silenzio chiesto prima del Gran Premio è stato stroncato dal laico rifiuto delle altre squadre (che visto l'asse di Montezemolo con Ecclestone ormai stroncherebbero qualsiasi proposta Ferrari), dal fatto di trovarsi in un paese musulmano (anche se nel Bahrein fin dagli anni Settanta, testimonianza personale, si vive come a Chicago nell'epoca del finto proibizionismo) e dall'oggettiva improponibilità della situazione: minuto di silenzio con motori accesi o spenti? Prima o dopo il giro di riscaldamento? La Nazionale Rossa, come viene in modo improbabile definita dagli invitati al buffet, ha risolto tutto correndo con il musetto nero. Certo, non correre avrebbe costretto a pagare una penale...
4. Incredibile è che per scegliere di onorare o no un Papa il mondo dello sport si metta ad esaltare il suo amore per lo sport, soprattutto per quello praticato (in particolare sci e tutto quello che è legato alla montagna), come se Wojtyla avesse bisogno di pretesti per essere ricordato: a questa stregua si dovrebbe fermare il mondo per la scomparsa di ogni triathleta impegnato nel sociale. Ma i santini servono soprattutto ad azzerare la riflessione vera e a non confrontarsi con le voci critiche. Grandi successi nei rapporti con le altre religioni e in politica estera, sia pure commentati in maniera strumentale (si esalta il Wojtyla anticomunista, mentre quello anticapitalista viene liquidato in una riga, e viceversa), molti meno con donne, sia in una logica laica che come appartenenti al clero, gay, e nei rapporti con la scienza. Per qualcuno un buon papa di sintesi fra epoche e ideologie diverse, per altri un papa preconciliare (fra i mille canali non abbiamo visto interviste ad Hans Kung), per altri ancora un santo già da subito. Ma usare lo sport per le agiografie non è una cosa che piaccia ai cattolici. Con i dittatori lo schema giornalistico riesce decisamente meglio...
5. Insomma, lo sport non è un blocco monolitico di lobotomizzati che calciano un pallone, corrono veloce, schiacciano a tre metri di altezza, avendo una mono-opinione, modellata sulla correttezza politica del momento, sull'universo mondo. Individui diversi hanno avuto davanti alla morte del Papa reazioni diverse. Chi voleva fermarsi avrebbe potuto farlo lo stesso, in ogni caso. E chi non voleva fermarsi non andrebbe comunque trattato con sufficienza, come uno scolaro che non ha capito la lezione. Sì, il solito Zeman...
Stefano Olivari
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