| Serpico |
| | QUOTE (Sisto Sesto @ 29/7/2003, 17:57) | QUOTE (Serpico @ 29/7/2003, 17:35) | Può il prodotto della ragione umana essere considerato come casuale? |
Vi è certamente un intero filone che ha sostenuto essere non solo la ragione umana nel suo innesco, ma la stessa sopravvivenza delle teorie scientifiche il frutto di una "selezione naturale". Bas van Fraassen ha sostenuto con forza questa posizione. Si tratta però della trasposizione di un concetto più generale: che si possa avere una variazione nella storia senza ammettere per forza l'esistenza di un qualcosa di vero o di buono verso cui questa stessa storia debba sfociare.
Ora, è chiaro che nel porre questa trasposizione siamo già su un piano non confrontabile con la vita naturale e segnatamente animale, se non altro perchè introduciamo questa posizione come soluzione al problema del fondamento. L'uomo ha la facoltà, spesso riassunta nella parola "ragione" di porsi la domanda sul perchè (di una pratica, di una consuetudine, di una opinione) e di cercare una risposta fino al limite di sostenere che non vi è altra risposta dell'adattamento delle soluzioni che abbiamo finora trovato alla vita. Ma è opportuno sottolineare che nel presentare questo tipo di risposta siamo già oltre il comportamento del giaguaro che sceglie una strategia perchè ha selettivamente "imparato" che è vincente.
La stessa distinzione fra una parte "razionale" ed una "istintuale" pertiene ad un livello che non è più meramente animale. La psicologia deve forzatamente far ricorso a questi strumenti per non essere puramente descrittiva, ma avere presa terapeutica (che, come noto, nella maggior parte dei disturbi psicosomatici e delle nevrosi fa affidamento sul convincimento del paziente).
In ultima analisi; ma vaffanculo tu, và |
Non discuto su questo, solo mi domandavo dove fosse il discrimine fra variabile casuale e variabile indotta, senza per questo voler affermare che ci debba essere qualcosa di buono verso cui tendere ad ispirare la storia. Peraltro mi riesce difficiile - allo stesso modo - mettermi sullo stesso piano di un giaguaro ma quand'anche lo fossi, tu saresti di certo l'amico, e sarebbe un pacco, visto che faresti di tutto per farmi perdere. Anfame. Gli strumenti di cui siamo dotati sono diversi. Ma altrettanto difficile mi riesce affermare che la differenza non sia solo di grado, rapportata al livello di intelligenza critica o "ragione" dei soggetti in questione, come a quella biologica, dettata da sensorialità di diverso grado. Che l'istintualità non sia intelligenza, quanto meno nel suo stadio più rudimentale, in grado solo di consentire di muoversi per ragioni limitrofe alla sopravvivenza, e di supremazia ad essa finalizzata, non sono così sicuro. Come non sono sicuro del contrario. Allo stesso modo, la ragione umana, fredda scevra da qualunque trasporto emotivo, è tanto più facilmente liberabile quanto più sono lontani ed astratti i temi che affronta. E sapere la misura in cui l'istinto e la ragione si influenzano lo trovo esercizio arduo. Domandarsi il perchè delle cose, a prescindere dal fatto che abbia in sè uno scopo preciso o meno, ci spinge talvolta a trovare giustificazioni (e controllo) anche a funzioni involontarie, a percezioni e esternazioni del tutto istintive. Chiederci il perchè è esercizio utile e stimolante, ma a volte paralizza più di quanto non spieghi. Complica più di quanto non risolva. Non per questo è sbagliato, sia chiaro. Una domanda nasce da un interesse o sollecitazione, e la risposta (o non risposta) può essere il frutto di un ragionamento oggettivo molto meno di quanto possa essere il frutto di un sedativo razionale ad un impulso non altrimenti calmabile.
Un animale impara a comportarsi come l'istinto gli insegna, nel modo selettivamente imparato come vincente: ma strumenti cognitivi a parte, molto dipende anche dalle interazioni che hanno. Se poi anche si chiedessero qualcosa, sarebbe difficile pensare a quale modo potrebbero trovare per comunicarcelo. Noi ad un gatto diciamo "vuoi la pappa?", unica cosa che riteniamo gli interessi sul serio, e lui fa "miao". Già, trattasi di concetto un po' generico, d'altra parte si fa presto a dire "miao". Un gatto non è in grado di intervenire in questo 3d, ma è in grado di percepire mutamenti biologici e dell'umore di un uomo. Istinto? Sicuramente si, ma talmente più sviluppato del nostro che mi lascia perplesso. Questo non consente di parlare di razionale laddove si faccia riferimento al mondo extrumano, ma nemmeno ci consente di marcare i limiti precisi che definiscano l'istinto. Un animale percepisce dove noi abbiamo bisogno di spiegare, e lo facciamo preventivamente, come esigenza di capire, per ansia di controllare, come conseguenza della percezione dei nostri limiti. Tutto ciò svincolando il discorso da qualsivoglia approccio valutativo. La risposta a tutto ciò risiede nel fatto che lui è un gatto e io un uomo. Una tautologia, che - beninteso - non consente di dire che era meglio non porsi la domanda. Anche perchè cercando si trovano risposte a domande non ancora poste.
Infine, poi smetto e me ne torno nel buco anarchico. Il convincimento del paziente, non differisce dal convincimento dell'uomo, e sul fatto che ogni in attività la persona riesce ad esprimersi se motivato, quand'anche la motivazione risiedesse esclusivamente nel concetto di piacere, non credo ci sia granchè da sorprendersi. C'è una sostanziale differenza, in chiave terapeutica, fra convincimento e percezione. Il paziente non è difficile da convincere per un terapeuta mediamente capace; tuttavia il superamento della nevrosi avviene quando al convincimento il paziente associa il "sentire" quella interpretazione, facendola propria, vedendola, ancor prima che "capendola". Alcuni analisit definisco il sintomo come "un pensiero non ancora pensato". Poi è chiaro che ci sono disturbi e disturbi, alcuni dei quali possono essere comodamente ignorati (anche perchè traumi a parte, è soggettivo il grado di costrizione cui si sottopone la propria parte istintuale, e diverse sono sensibilità, esigenze e spazi "animali", come pure la tollerabilità) al punto che -convinti che le cose stiano in un certo modo - si ha il miraggio che la realtà muti per il solo fatto di raccontarsela in altro modo, per quanto credibili si possa risultare. Dove ci sono indicatori meno suscettibili di essere aggirati (sintomi invadenti, invalidanti e poco propensi al compromesso razionale) questa differenza viene compresa molto chiaramente e non su un piano teorico. L'Aniello sacrificale del nostro dialogare, potrebbe essere Laezza a Riale per firmare. Come sempre vado fuori tema, quindi concludo tornando all'allegoria iniziale.
Una cosa è certa, se ti vedo pisciare nella mia aiuola, anche se non piove da mesi, ti sego una gamba! E poi ti chiedo scusa.
| | |
| |
|