CITAZIONE (fede(Buzzer) @ 17/3/2008, 09:26)
CITAZIONE (micio000 @ 16/3/2008, 20:31)
aggiungerei a tutto quello che ha elencato fede e che è un elenco dei tanti misteri di questa pagina oscura della nostra Repubblica, come mai Prodi fece una seduta spiritica nella quale venne fuori la parola "Gradoli", chi gli diede quella soffiata?
So che la seduta spiritica si svolse effettivamente a Bologna, tra alcuni ragazzi dell'area universitaria DC, ma il fatto che vi partecipasse anche Prodi mi risulta nuovo.
Anche quello fu un evento inquietante: chi spifferò il nome "Gradoli"? E perchè si andò subito nell'omonimo paesino a cercare la prigione di Moro, evitando per un'intera settimana di tornare nella via della periferia romana in cui parecchie palazzine erano amministrate da fiduciari del Sisde?
Un altro interrogativo, assai più inquietante e che probabilmente resterà per sempre senza risposta: Moro, Pecorelli, Varisco, Dalla Chiesa, Chichiarelli... Cosa c'è scritto realmente nel memoriale dell'interrogatorio del defunto presidente DC? E che fine hanno fatto i nastri con la viva voce dell'onorevole, registrata durante la prigionia? Perchè le BR, dopo averlo prospettato, non hanno mai reso pubbliche le risposte di Moro alle loro domande? Quali segreti possono spingere ad una scia di sangue che ha fatto così tanti morti? Chi tocca i fili, muore?
da wikipedia:
Il 10 giugno 1981, prim'ancora di affermarsi come politico, Romano Prodi fu chiamato a testimoniare davanti alla Commissione Moro perché aveva dichiarato di aver partecipato per gioco, il 2 aprile 1978, ad una sorta di seduta spiritica, durante un pranzo familiare in una casa di campagna di alcuni amici (tra cui Mario Baldassarri (esponente di AN, negli anni 80 membro del consiglio di amministrazione dell'ENI e viceministro per l'Economia e le Finanze dei governi Berlusconi II e Berlusconi III, al tempo del rapimento di Moro docente presso l'Università di Bologna) e Alberto Clò (economista ed esperto di politiche energetiche, ministro dell'Industria nel governo Dini e docente di economia all'Università di Modena), quest'ultimo propositore del gioco e proprietario della casa) con i suoi figli piccoli e il fratello, oltre ai suddetti ed alle relative fidanzate.
I commensali raccontarono agli inquirenti che nel corso della seduta iniziata per gioco, alla domanda dove è tenuto prigioniero Aldo Moro?, il piattino utilizzato avrebbe composto varie parole: prima alcune senza senso, poi Viterbo, Bolsena e Gradoli. Aldo Moro, rapito 17 giorni prima, il 16 marzo 1978, era al momento tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. Il professor Prodi, in seguito alla seduta, si recò a Roma il 4 aprile, e raccontò dell'indicazione al proprio conoscente Umberto Cavina, capo ufficio stampa dell'on. Benigno Zaccagnini.
Così riferì Prodi nel corso della testimonianza:
« Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco del piattino, termine che conosco poco perché era la prima volta che vedevo cose del genere. Uscirono Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva qualcosa e visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere, anche a costo di sembrare ridicolo, come mi sento in questo momento, di riferire la cosa. Se non ci fosse stato quel nome sulla carta geografica, oppure se fosse stata Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito. Il fatto è che il nome era sconosciuto e allora ho riferito. »
L'informazione fu ritenuta attendibile dal momento che, quattro giorni dopo, il 6 aprile, la questura di Viterbo, su ordine del Viminale, organizzò un blitz armato nel borgo medievale di Gradoli, vicino Viterbo, alla ricerca della prigione di Moro. Tuttavia, fu trascurata un'altra indicazione che la moglie dell'onorevole Moro avrebbe ripetutamente fornito, relativa all'esistenza a Roma di una "via Gradoli" (Francesco Cossiga, all'epoca Ministro dell'interno, in seguito smentì energicamente la signora Moro). Fallito il blitz conseguente alla seduta spiritica, il 18 aprile i vigili del fuoco, a causa di una perdita d'acqua, scoprirono a Roma, in via Gradoli 96, un covo delle Brigate Rosse da poco abbandonato, che si sarebbe rivelato come la base operativa del capo della colonna romana delle BR, Mario Moretti, il quale aveva preso parte all'agguato di via Fani.