| Transizione e sviluppo attacco in movimento Ettore Messina
Ritengo che l’obiettivo di un attacco efficace è quello di creare le condizioni sia per un buon tiro da sotto sia dal perimetro. Quello che chiedo ai miei giocatori è di procurarsi situazioni dove possiamo avere la giusta aggressività nei confronti della difesa. Il limitare le nostre azioni offensive al solo tiro da fuori, o alla sola penetrazione, riduce di molto la nostra possibilità di mantenere l’iniziativa sugli avversari. Tre sono le cose fondamentali per costruire un attacco equilibrato: 1) la distanza, intesa come distanza tra gli attaccanti (o spaziatura), la distanza tra l’attaccante con palla e quelli senza, la distanza tra i giocatori e la linea dei tre punti ed il canestro. Avere delle giuste distanze ci dà ampia possibilità di manovra; 2) il timing la scelta del giusto tempo per agire, fare una cosa mentre un’altra si sta concludendo. Non giocare a scatti. Inizio a passare la palla ad un mio compagno mentre questo sta completando il suo smarcamento è non quando è già smarcato dando così il tempo alla difesa di recuperare; 3) il passaggio, che non ha solo una valenza tecnica e tattica, ma soprattutto di relazione tra i giocatori sul campo. Sapersi passare la palla nel modo e nel tempo giusto ci consente di prendere quel secondo di vantaggio sulla difesa e di utilizzare il possesso della palla nel modo più produttivo. Non mi preoccupo molto delle nostre percentuali di tiro durante una gara, quanto al come ci stiamo passando la palla. Nella mia testa non c’è un numero prefissato di passaggi da dover fare prima di concludere un’azione, ma l’idea di altruismo del gioco, dove tra un tiro forzato ed un passaggio si deve necessariamente preferire la seconda soluzione. L’introduzione dei 24 secondi ha obbligato tutti noi a rivedere alcune cose: il concetto d’attacco nel suo insieme, il concetto di buon tiro e quanto controllo vogliamo/possiamo esercitare sulla nostra squadra. Tutti ricordano che con i 30’’ molte squadre, ed in special modo quelle di scuola slava, muovevano la palla per 10 - 15 secondi con azioni che non rappresentavo la soluzione primaria, bensì erano un modo per far lavorare la difesa, stancarla con una serie di blocchi e di passaggi passivi per poi concludere negli ultimi secondi. Altro obiettivo di questa strategia era quello di abbassare il ritmo della gara, di diminuire il numero dei possessi così da poter mascherare limiti tecnici/tattici contro squadre più forti. Queste ultime avevano tre opzioni per reagire: 1) adattarsi al ritmo degli altri, giocando “lenti” in attacco: 2) cercare rapide conclusioni per alzare il ritmo, con il risultato di forzare le conclusioni e trovarsi a dover difendere per altri 25 - 30 secondi; 3) aumentare la pressione difensiva per forzare le conclusioni avversarie. Noi vincemmo la Coppa dei Campioni contro l’AEK di Atene a Barcellona accettando il loro ritmo, senza cercare forzature e contando sul nostro maggior talento individuale. I 24 secondi hanno distrutto questo modo di ragionare, non c’è più il tempo per organizzare il gioco per diversi secondi per poi attaccare realmente. Quindi è sorta la necessità di mettere a fuoco il concetto di buon tiro. Quand’è che si prende un buon tiro? Quest’anno allenando una squadra molto aggressiva nel tiro ho dovuto far condividere un’idea di quando e quale tiro potevamo permetterci di prendere. Abbiamo trovato a mio parere un buon equilibrio applicando idee semplici: possiamo tirare anche dopo un solo passaggio, purché la palla sia andate dentro l’area almeno una volta o tramite una penetrazione in palleggio e perché è stato fatto un passaggio ad un giocatore spalle a canestro. Se siamo riusciti a collassare la difesa dentro l’area non ci sono problemi nel prendere subito un tiro. Per quanto detto in precedenza non siamo sicuri che nel proseguo dell’azione saremo in grado di prendere un tiro non contestato altrettanto efficace. Anzi spesso si rinuncia ad un tiro facile per poi trovarsi a dover forzare per non perdere il pallone per infrazione dei 24 secondi. Inoltre la difesa comprende che abbiamo avuto paura nel prendere un tiro non contestato, che non abbiamo avuto fiducia in noi stessi e si adatta rapidamente. Se non riusciamo ad attaccare l’area nei due modi esposti vogliamo ribaltare velocemente la palla sull’altro quarto di campo e da lì cerchiamo di attaccare di nuovo il centro area. Non giocare in questo modo ci porta ad uno sport simile alla pallamano sport dove di attacca perimetralmente. Nel basket quello che rende imprevedibile un attacco è l’andare dentro l’area dei tre punti o dei due punti, costringere la difesa a chiudersi e scaricare la palla fuori. Non penso che si possa sempre e solo giocare con una delle modalità. Il contropiede e la transizione sono due aspetti simili del gioco ma non uguali e devono essere entrambi presenti nel nostro bagaglio tecnico. Gli esercizi che di seguito esporrò sono quelli che realmente faccio nei miei allenamenti. Cose semplici ma a mio avviso molto utili.
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