ilvecchiocasanova |
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| Pochi saranno d'accordo con queste mie poche righe ma il forum è fatto per esternare le proprie idee e confrontarsi con gli altri, in modo civile. Non credo che la storia delle scelte, delle selezioni e dei minutaggi sia riconducibile a società più o meno professionistiche o altro: fa solo parte della normale competizione della vita. Per esemplificare il mio concetto parto....dal basso. Credo che molti di coloro che mi leggono abbiano, durante l'infanzia/adolescenza, passato del tempo libero all'oratorio o tra compagni di scuola o tra gli amici durante la vacanza al mare. Anche li, a quel livello "non professionistico", c'era la dura legge della competizione. Si faceva la conta e se il gruppo (non l'allenatore) non ti riteneva idoneo stavi fuori e giocavi poco perchè ...i tuoi compagni volevano vincere. Nello sport organizzato succede la stessa cosa e in genere non è un male, dovrebbe stimolare i ragazzi a migliorarsi, purchè il tutto sia gestito con educazione e rispetto del singolo. Forse esiste un solo vincolo importante: ogni ragazzo deve giocare al livello che gli compete o giù di li. Se il ragazzo gioca poco o nulla forse l'allenatore ritiene che in quel gruppo quello è lo spazio giusto da dargli. Sta a noi genitori cercare di capire come il ragazzo viva questa situazione, spronarlo a fare di più o, perchè no, a prendere in esame l'idea di cambiare squadra. A me è capitato da ragazzo: per due anni sono rimasto anche se giocavo poco, al terzo ho cambiato squadra. Ancora oggi (52 anni) gioco a basket appena posso e ringrazio mio padre per avermi ben gestito in quel periodo di piccole delusioni.
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