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Alcune riflessioni sopra la pallacanestro giovanile

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jordanis
view post Posted on 18/6/2012, 11:00




Ricco dell'esperienza che ho accumulato questi ultimi anni come genitore di due giovani cestisti che hanno giocato in ben quattro squadre diverse e hanno avuto ben sette allenatori diversi, e prendendo spunto anche dalla mia esperienza (remota) come giocatore, ho pensato di mettere per iscritto alcune mie riflessioni per quello che riguarda l'organizzazione e la gestione delle squadre di pallacanestro giovanile, nella speranza che nei miei scritti potrebbero trovare qualcosa di utile i dirigenti e gli allenatori di squadre di pallacanestro giovanile.
Per primis dobbiamo rilevare la distinzione netta che esiste tra pallacanestro professionistica (di ogni categoria) e pallacanestro giovanile. Lo scopo primario di ogni squadra professionistica è la vittoria, se possibile in ogni partita giocata. Questo scopo di solito è legato a dei fini finanziari ma non approfondiremo quest'aspetto cui. I giocatori professionisti (quindi pagati dalla società) devono essere gestiti dall'allenatore nel modo di servire lo scopo della squadra professionista, cioè la vittoria in ogni partita. In tal contesto non è sorprendente di vedere giocatori di fare la stagione cestistica intera in panchina, perché cosi è stabilito dall'allenatore che segue la ricerca delle vittorie. Inoltre, anche il giocatore panchinaro stesso ha capito e accettato che questo sarebbe il suo ruolo nella squadra (visto che ha accettato lo stipendio offerto dalla società). Cioè un ruolo ausiliario che potrebbe diventare sostanziale solo nel caso di vari infortuni o impedimenti dei giocatori principali nel svolgere il loro compito.
Ben diverso è lo scopo di una società che gestisce squadre di pallacanestro giovanile. L'obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è di fare crescere i giovani giocatori messi a sua disposizione dai loro genitori. Ovviamente i giovani cestisti non sono pagati, al contrario spesso i genitori sonno chiamati a offrire un piccolo contributo annuo alla società per sostenere le spese usuali legate all'uso e mantenimento della palestra, al pagamento degli allenatori, al costo di possibili trasferte etc. La vittoria nelle partite giocate da una squadra giovanile è uno scopo del tutto secondario, utile soltanto nella misura che tal vittoria aiuta a raggiungere l'obiettivo principale dell'accrescimento dei giovani giocatori tramite un incremento della loro motivazione verso la pallacanestro; motivazione che verrebbe possibilmente stimolata dalla vittoria. Ne segue che la gestione dei giocatori dalla parte dell'allenatore e dalla società deve servire soprattutto l'obiettivo primario e non la ricerca forzata della vittoria in ogni partita. In parole povere la gestione di una squadra giovanile non ha in comune quasi niente con la gestione di una squadra professionistica.
Dopo avere stabilito che l'obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è la crescita dei ragazzi veniamo a esaminare come tal crescita può essere raggiunta. Date per scontate la voglia dei ragazzi di giocare a pallacanestro e la disponibilità dei genitori di assicurare le varie trasferte verso e dalla palestra dove si svolgono gli allenamenti e ai vari campi dove si giocano le partite etc., sono soltanto due le azioni che assicurano la crescita dei ragazzi.
Per prima, un buon allenamento, continuo e della giusta intensità, che serve per far imparare a ogni giovane giocatore delle giocate di pallacanestro generiche e specifiche del suo ruolo nella squadra, ma anche come collaborare con i suoi compagni nell'insieme dei cosiddetti "schemi", movimenti corali della squadra che vengono eseguiti durante la partita sia in difesa per impedire all'avversario di fare canestro sia in attacco per facilitare la realizzazione del canestro. Un buon allenamento è la condizione necessaria allo sviluppo cestistico di un ragazzo ma non è una condizione sufficiente. Un giovane cestista può crescere soltanto giocando delle partite "vere", quelle del campionato al quale partecipa sua squadra. Ed è necessario che sua partecipazione nelle partite abbia una durata sufficiente per farlo "entrare" nella partita come si dice in gergo. Cioè il tempo di partecipazione deve essere lungo tale di permettere al giocatore di compensare con una giocata buona un suo possibile errore. Ovviamente partecipazioni di due, tre minuti per partita o anche partecipazioni più lunghe, ma spezzettate in particelle al intorno del minuto, si vedono spesso nella pallacanestro professionistica, ma sonno dei tutto inadeguati al servire lo scopo principale della pallacanestro giovanile. Questo perché lo scopo della pallacanestro giovanile è del tutto diverso da quello professionistico come abbiamo visto. Quindi il compito dell'allenatore di una squadra di pallacanestro giovanile è duplice; offrire dei buoni allenamenti-insegnamenti di pallacanestro e assicurare un tempo di gioco cospicuo a tutti i suoi giocatori nelle partite "ufficiali".
Per quello che riguarda gli allenamenti, le riflessioni sopra esposti possono essere trasformarti nelle seguenti semplici "regole". Assumendo che la squadra giovanile fa quattro allenamenti la settimana la distribuzione del lavoro potrebbe essere come in seguito:
- primo allenamento settimanale: 2/3 devoti all'atletica, 1/3 partitela di divertimento
-secondo allenamento settimanale: interamente devoto all'insegnamento dei cosi detti "fondamentali"
-terzo allenamento settimanale: 1/2 come sopra, 1/2 insegnamento di "schemi"
-quarto allenamento settimanale: insegnamento di "schemi" nell'ambito della preparazione della partita (abitualmente giocata la fine settimana)
Anche in relazione con il tempo di partecipazione dei giocatori nelle partite, le riflessioni esposte prima possono essere tradotte in tre semplici "regole":
-prima regola: nessun giocatore può superare i trenta minuti di partecipazione alla partita.
-seconda regola: nessun giocatore non deve giocare meno di dieci minuti per partita.
-terza regola: un giocatore mandato sul campo deve rimanere per almeno cinque minuti.
Sarebbe auspicabile che la Federazione adottasse le regole precedenti o simili come "linee guida" per i prossimi campionati giovanili.
 
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view post Posted on 18/6/2012, 11:31

forumista senior

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CITAZIONE (jordanis @ 18/6/2012, 12:00) 
Anche in relazione con il tempo di partecipazione dei giocatori nelle partite, le riflessioni esposte prima possono essere tradotte in tre semplici "regole":
-prima regola: nessun giocatore può superare i trenta minuti di partecipazione alla partita.
-seconda regola: nessun giocatore non deve giocare meno di dieci minuti per partita.
-terza regola: un giocatore mandato sul campo deve rimanere per almeno cinque minuti.
Sarebbe auspicabile che la Federazione adottasse le regole precedenti o simili come "linee guida" per i prossimi campionati giovanili.

buongiorno,
non conosco le Sue competenze ma all'interno del Suo ragionamento ci sono delle cose totalmente inesatti ed addirittura inadeguate.
Io penso che i genitori debbano fare i genitori ed allenatori gli allenatori.
non vi può essere un sistema che uniforma tutti i contesti in quanto non tutti , ad esempio, si allenano 4 volte. Chi si allena meno ? e chi di più ?
Esiste un sistema che dovrebbe essere meritocratico, il quale non indica che se ti alleni tanto giochi tanto. Certo conta, ma ci sono valori tecnici ecc.ecc..
Le cose da dire sono innumerevoli, ma la Sa disamina è semplicemente di un genitore, appassionato, che vede le cose, giustamente, da genitore.

Chiudo dicendo che anche in serie D , che non è professionismo, conta la vittoria e la vittoria conta anche nelle giovanili, se la si raggiunge senza scorciatoie e senza barare. la vittoria sarà la conseguenza di un percorso che ogni allenatore ha pianificato. ecc..ecc...ec...
 
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blackecco
view post Posted on 18/6/2012, 12:37




CITAZIONE (jordanis @ 18/6/2012, 12:00) 
Ricco dell'esperienza che ho accumulato questi ultimi anni come genitore di due giovani cestisti che hanno giocato in ben quattro squadre diverse e hanno avuto ben sette allenatori diversi, e prendendo spunto anche dalla mia esperienza (remota) come giocatore, ho pensato di mettere per iscritto alcune mie riflessioni per quello che riguarda l'organizzazione e la gestione delle squadre di pallacanestro giovanile, nella speranza che nei miei scritti potrebbero trovare qualcosa di utile i dirigenti e gli allenatori di squadre di pallacanestro giovanile.
Per primis dobbiamo rilevare la distinzione netta che esiste tra pallacanestro professionistica (di ogni categoria) e pallacanestro giovanile. Lo scopo primario di ogni squadra professionistica è la vittoria, se possibile in ogni partita giocata. Questo scopo di solito è legato a dei fini finanziari ma non approfondiremo quest'aspetto cui. I giocatori professionisti (quindi pagati dalla società) devono essere gestiti dall'allenatore nel modo di servire lo scopo della squadra professionista, cioè la vittoria in ogni partita. In tal contesto non è sorprendente di vedere giocatori di fare la stagione cestistica intera in panchina, perché cosi è stabilito dall'allenatore che segue la ricerca delle vittorie. Inoltre, anche il giocatore panchinaro stesso ha capito e accettato che questo sarebbe il suo ruolo nella squadra (visto che ha accettato lo stipendio offerto dalla società). Cioè un ruolo ausiliario che potrebbe diventare sostanziale solo nel caso di vari infortuni o impedimenti dei giocatori principali nel svolgere il loro compito.
Ben diverso è lo scopo di una società che gestisce squadre di pallacanestro giovanile. L'obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è di fare crescere i giovani giocatori messi a sua disposizione dai loro genitori. Ovviamente i giovani cestisti non sono pagati, al contrario spesso i genitori sonno chiamati a offrire un piccolo contributo annuo alla società per sostenere le spese usuali legate all'uso e mantenimento della palestra, al pagamento degli allenatori, al costo di possibili trasferte etc. La vittoria nelle partite giocate da una squadra giovanile è uno scopo del tutto secondario, utile soltanto nella misura che tal vittoria aiuta a raggiungere l'obiettivo principale dell'accrescimento dei giovani giocatori tramite un incremento della loro motivazione verso la pallacanestro; motivazione che verrebbe possibilmente stimolata dalla vittoria. Ne segue che la gestione dei giocatori dalla parte dell'allenatore e dalla società deve servire soprattutto l'obiettivo primario e non la ricerca forzata della vittoria in ogni partita. In parole povere la gestione di una squadra giovanile non ha in comune quasi niente con la gestione di una squadra professionistica.
Dopo avere stabilito che l'obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è la crescita dei ragazzi veniamo a esaminare come tal crescita può essere raggiunta. Date per scontate la voglia dei ragazzi di giocare a pallacanestro e la disponibilità dei genitori di assicurare le varie trasferte verso e dalla palestra dove si svolgono gli allenamenti e ai vari campi dove si giocano le partite etc., sono soltanto due le azioni che assicurano la crescita dei ragazzi.
Per prima, un buon allenamento, continuo e della giusta intensità, che serve per far imparare a ogni giovane giocatore delle giocate di pallacanestro generiche e specifiche del suo ruolo nella squadra, ma anche come collaborare con i suoi compagni nell'insieme dei cosiddetti "schemi", movimenti corali della squadra che vengono eseguiti durante la partita sia in difesa per impedire all'avversario di fare canestro sia in attacco per facilitare la realizzazione del canestro. Un buon allenamento è la condizione necessaria allo sviluppo cestistico di un ragazzo ma non è una condizione sufficiente. Un giovane cestista può crescere soltanto giocando delle partite "vere", quelle del campionato al quale partecipa sua squadra. Ed è necessario che sua partecipazione nelle partite abbia una durata sufficiente per farlo "entrare" nella partita come si dice in gergo. Cioè il tempo di partecipazione deve essere lungo tale di permettere al giocatore di compensare con una giocata buona un suo possibile errore. Ovviamente partecipazioni di due, tre minuti per partita o anche partecipazioni più lunghe, ma spezzettate in particelle al intorno del minuto, si vedono spesso nella pallacanestro professionistica, ma sonno dei tutto inadeguati al servire lo scopo principale della pallacanestro giovanile. Questo perché lo scopo della pallacanestro giovanile è del tutto diverso da quello professionistico come abbiamo visto. Quindi il compito dell'allenatore di una squadra di pallacanestro giovanile è duplice; offrire dei buoni allenamenti-insegnamenti di pallacanestro e assicurare un tempo di gioco cospicuo a tutti i suoi giocatori nelle partite "ufficiali".
Per quello che riguarda gli allenamenti, le riflessioni sopra esposti possono essere trasformarti nelle seguenti semplici "regole". Assumendo che la squadra giovanile fa quattro allenamenti la settimana la distribuzione del lavoro potrebbe essere come in seguito:
- primo allenamento settimanale: 2/3 devoti all'atletica, 1/3 partitela di divertimento
-secondo allenamento settimanale: interamente devoto all'insegnamento dei cosi detti "fondamentali"
-terzo allenamento settimanale: 1/2 come sopra, 1/2 insegnamento di "schemi"
-quarto allenamento settimanale: insegnamento di "schemi" nell'ambito della preparazione della partita (abitualmente giocata la fine settimana)
Anche in relazione con il tempo di partecipazione dei giocatori nelle partite, le riflessioni esposte prima possono essere tradotte in tre semplici "regole":
-prima regola: nessun giocatore può superare i trenta minuti di partecipazione alla partita.
-seconda regola: nessun giocatore non deve giocare meno di dieci minuti per partita.
-terza regola: un giocatore mandato sul campo deve rimanere per almeno cinque minuti.
Sarebbe auspicabile che la Federazione adottasse le regole precedenti o simili come "linee guida" per i prossimi campionati giovanili.

dopo tutto sto scritto...una domanda ma i suoi figli quanto giocano ???
e poi che una squadra non professionistica giochi solo per far crescere i suoi giovani...non ESISTE...forse al mimibasket!!!!

FINIAMOLA CON LE ILLUSIONI ...grazie..
 
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mazzarino
view post Posted on 18/6/2012, 12:51




caro jordanis,pur condividendo parte della tua disamina non concordo con le tre regole "proposte":qualcosa del genere c'è già a livello giovanile,se non è cambiato niente rispetto a qualche anno fa sino alla categoria esordienti(12 anni)gli atleti in una partita non possono giocare più di 2 quarti e tutti i convocati devono scendere in campo almeno per qualche minuto.
poi che dire,personalmente ritengo corretto che in uno sport agonistico sia giusto che chi sia più bravo abbia maggiore spazio e che cmq si scenda in campo tutti per cercare di vincere,a qualsiasi livello.
certo,io parlo di meritocrazia e potresti obiettare che è del tutto opinabile visto che è il coach che prende tutte le decisoni,ma qui entreremmo in un circolo vizioso dal quale non se ne uscirebbe.
entrando nello specifico non vedo perchè se un atleta è valido e riesce a tenere bene il campo anche per 40 minuti non possa farlo,cosi come credo non sia giusto garantire 10 minuti a chi magari si allena male e/o con poca voglia o scende in campo con l'atteggiamento sbagliato.
a mio parere il fatto di non mettere limitazioni dovrebbe essere per i cestisti uno sprone per cercare di migliorarsi continuamente,sia dal punto di vista tecnico che tattico e atletico,talvolta si cercano scuse e giustificazioni quando invece la ricetta sarebbe solo quella di lavorare duro e dare il meglio di se stessi quando si è chiamati a giocare,che siano 35 minuti oppure solo 2:personalmente mi indispettisce di più chi nei pochi minuti a disposizione si fa trovare "molle"e impreparato,poi è inutile criticare l'allenatore se non lo rimette più in campo.....
 
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endan
view post Posted on 18/6/2012, 13:28




ok, non ci devono essere regole sui minutaggi di gioco, alla fine, soprattutto in eccellenza, conta vincere anche perchè si pensa (a torto) che i ragazzi siano già abbastanza formati. ma la frase "i genitori facciano i genitori e gli allenatori gli allenatori" non porta da nessuna parte. se queste sono le premesse del movimento giovanile, non c'è da stupirsi che la fine del percorso non dia risultati eclatanti. e poi la netta e rigida separazione dei ruoli potrebbe essere una buona cosa se valesse per tutti, cosa non sempre vera sia a livelli infimi che elevati.
 
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Arvydas
view post Posted on 18/6/2012, 13:45




In realtà la frase "i genitori facciano i genitori e gli allenatori gli allenatori" è sacrosanta. E ci aggiungerei anche "i dirigenti facciano i dirigenti".

Poi nulla vieta che un genitore acquisisca le competenze e assuma il ruolo di allenatore o di dirigente. Succede e ci sta. Ma finchè non si è dentro un ruolo, con tutti gli onori ma anche gli oneri, è complicato riuscire ad avere lo sguardo d'insieme e le cognizioni per giudicare o per trovare e proporre soluzioni che stiano in piedi.
Anche perchè per definizione (tranne rarissimi casi), il genitore ha una posizione e un punto di vista parziale. Legittimo ma che non può essere quello di chi gestisce il tutto (allenatore o dirigente che sia).

Un genitore (e relativo figlio) è parte di una squadra, che è parte di una società, che è parte di un comitato. Quello che preme e che magari è proritario per il singolo deve poi misurarsi e conciliarsi con quelle che sono le esigenze e le priorità di un gruppo, di un'intera Associazione (fatta da tanti gruppi), di un movimento.
Senza la visione d'insieme e la capacità di estraniarsi dal caso singolo per guardare all'insieme, non si và lontano. Quindi benvenuti ai genitori, ma nel momento in cui abbandonano i panni dei semplici utenti ma decidono di impegnarsi in un ruolo diverso, che è a più ampio respiro e diventa un darsi da fare per tutta la struttura di cui si è parte.

E' vero che le società e il basket dilettantistico in generale non può prescindere dai genitori e dalle famiglie. Infatti parecchi dirigenti e persone che si danno da fare ad organizzare sono proprio dei genitori. I cui figli giocano, o magari hanno giocato e la passione è rimasta anche quando hanno smesso o sono andati a giocare altrove. Ma questo funziona e i suddetto sono in genere tanto più bravi, quanto hanno saputo e sanno scindere il loro essere genitori dal loro essere dirigenti-organizzatori-allenatori etc etc.
 
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jordanis
view post Posted on 18/6/2012, 15:19




Non pensavo che le mie parole avrebbero sollevato tante discussioni. Già cinque commenti pubblicati in meno di tre ore da quanto ho mandato "in onda" il mio pensiero. Questo significa che almeno ho toccato un argomento che interessa il mondo del pallacanestro giovanile.

Alcune frasi da mia parte per i commenti ricevuti.

- "gli allenatori debbano fare gli allenatori": d’accordo gli allenatori debbano fare gli allenatori, ma nel campo. Questa sede invece è un forum dove secondo le regole del sito uno può esprimere le sue idea sopra la pallacanestro anche se non è un allenatore, basta essere un semplice tifoso che ama questo sport.

- "una domanda ma i suoi figli quanto giocano?": in funzione con gli allenatori che hanno avuto da due minuti fino a quaranta minuti per partita.


-"personalmente mi indispettisce di più chi nei pochi minuti a disposizione si fa trovare "molle"e impreparato": d'accordo, la questione che ho sollevato è esattamente questa, come deve fare l'allenatore per avere i suoi giocatori "pronti e preparati" quando serve? semplice, facendoci giocare.


Le "regole" che ho pubblicato, assomigliano a una provocazione ma servono per far capire, e insisto su questo punto, che la pallacanestro giovanile deve essere affrontata nel modo seguente:

La società ha l'obbligo di fare crescere cestisticamente parlando tutti i giovani giocatori messi a sua disposizione dai loro genitori. In parole povere ogni ragazzo/a, a fine stagione deve sapere fare di più rispettivamente a quello che sapeva fare inizio stagione.
E per finire, gli schemi, uno può impararli a qualunque età agonistica, ma se per esempio il "lungo" non ha imparato il semi-gancio al età di 14, 15, 16, 17 anni non lo imparerà mai al grado di potere usarlo nelle partite vere che forse verranno più avanti.

Con affetto per tutti che amano la pallacanestro giovanile al punto di dedicare ore, ore, giornate talvolta settimane per aiutare a coltivare questo sport.

 
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endan
view post Posted on 18/6/2012, 15:54




CITAZIONE (Arvydas @ 18/6/2012, 14:45) 
In realtà la frase "i genitori facciano i genitori e gli allenatori gli allenatori" è sacrosanta. E ci aggiungerei anche "i dirigenti facciano i dirigenti".
....

spiegata così come l'hai spiegata adesso, ok. ;)
comunque aspettarsi che un ragazzo che non salta un allenamento e che è supermotivato (magari anche dotato di buona tecnica), a fine stagione sia migliorato piuttosto che peggiorato, non sembra una aspettativa assurda. il minutaggio minimo garantito mi sembra una banalità (senza offesa verso chi l'ha proposto), ma qualche altro sistema ci deve essere. Il minutaggio garantito nelle intenzioni di chi l'ha proposto dovrebbe ovviare a storture evidenti: può accadere che a certi ragazzi si diano molte possibilità, mentre ad altri sicuramente meno. Premesso che l'infallibilità del coach non è un dato di fede come quella del Papa :amen: , cercate di evitare queste storture o quanto meno di spiegarle ai diretti interessati, cioè ai ragazzi (non certo ai genitori) e sicuramente il clima della squadra ne beneficierà. :cappello:
 
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blackecco
view post Posted on 18/6/2012, 16:07




la verita è che di tutti i ragazzi che iniziano fin da piccoli UNA SOCIETA RIESCE A TROVARE 1 O 2 GIOCATORI FUTURIBILI .Il resto deve pensare a divertirsi fino a quando a voglia e non pensare di essere un fenomeno ( compreso i genitori ).
Verso i 19-20 anni molti abbandonano ...perche non hanno possibilità e scarsa voglia o si rendono conto che non possono competere.
Il vero problema sta nei genitori che si fanno illusioni ... :amen:

 
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HotPot
view post Posted on 18/6/2012, 17:08




QUOTE (blackecco @ 18/6/2012, 17:07) 
la verita è che di tutti i ragazzi che iniziano fin da piccoli UNA SOCIETA RIESCE A TROVARE 1 O 2 GIOCATORI FUTURIBILI .Il resto deve pensare a divertirsi fino a quando a voglia e non pensare di essere un fenomeno ( compreso i genitori ).
Verso i 19-20 anni molti abbandonano ...perche non hanno possibilità e scarsa voglia o si rendono conto che non possono competere.
Il vero problema sta nei genitori che si fanno illusioni ... :amen:

d'accordissimo... aggiungi anche che talvolta ci sono anche i dirigenti c.....oni

ed il gioco è fatto!
 
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endan
view post Posted on 18/6/2012, 17:39




CITAZIONE (blackecco @ 18/6/2012, 17:07) 
la verita è che di tutti i ragazzi che iniziano fin da piccoli UNA SOCIETA RIESCE A TROVARE 1 O 2 GIOCATORI FUTURIBILI .Il resto deve pensare a divertirsi fino a quando a voglia e non pensare di essere un fenomeno ( compreso i genitori ).
Verso i 19-20 anni molti abbandonano ...perche non hanno possibilità e scarsa voglia o si rendono conto che non possono competere.
Il vero problema sta nei genitori che si fanno illusioni ... :amen:

scusa, ma questa mi sembra un petizione di principio.
non sarà che proprio quei comportamenti cui allude Jordanis generano solo una ristretta cerchia di chi prosegue ?
come vedete è una domanda non una affermazione, peraltro affatto stizzita.
a me sembra poi che ben pochi genitori si facciano illusioni: non siamo nel calcio e nessuno (o quasi) pensa che il proprio figlio vivrà di basket. interessa solo che i propri figli non vengano demotivati o umiliati e abbandonino ancora prima dei 19-20 anni cui vi riferite. :cappello:
 
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view post Posted on 18/6/2012, 17:44

forumista senior

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CITAZIONE (jordanis @ 18/6/2012, 16:19) 
Non pensavo che le mie parole avrebbero sollevato tante discussioni. Già cinque commenti pubblicati in meno di tre ore da quanto ho mandato "in onda" il mio pensiero. Questo significa che almeno ho toccato un argomento che interessa il mondo del pallacanestro giovanile.

Alcune frasi da mia parte per i commenti ricevuti.

- "gli allenatori debbano fare gli allenatori": d’accordo gli allenatori debbano fare gli allenatori, ma nel campo. Questa sede invece è un forum dove secondo le regole del sito uno può esprimere le sue idea sopra la pallacanestro anche se non è un allenatore, basta essere un semplice tifoso che ama questo sport.

- "una domanda ma i suoi figli quanto giocano?": in funzione con gli allenatori che hanno avuto da due minuti fino a quaranta minuti per partita.


-"personalmente mi indispettisce di più chi nei pochi minuti a disposizione si fa trovare "molle"e impreparato": d'accordo, la questione che ho sollevato è esattamente questa, come deve fare l'allenatore per avere i suoi giocatori "pronti e preparati" quando serve? semplice, facendoci giocare.


Le "regole" che ho pubblicato, assomigliano a una provocazione ma servono per far capire, e insisto su questo punto, che la pallacanestro giovanile deve essere affrontata nel modo seguente:

La società ha l'obbligo di fare crescere cestisticamente parlando tutti i giovani giocatori messi a sua disposizione dai loro genitori. In parole povere ogni ragazzo/a, a fine stagione deve sapere fare di più rispettivamente a quello che sapeva fare inizio stagione.
E per finire, gli schemi, uno può impararli a qualunque età agonistica, ma se per esempio il "lungo" non ha imparato il semi-gancio al età di 14, 15, 16, 17 anni non lo imparerà mai al grado di potere usarlo nelle partite vere che forse verranno più avanti.

Con affetto per tutti che amano la pallacanestro giovanile al punto di dedicare ore, ore, giornate talvolta settimane per aiutare a coltivare questo sport.

quando si parla di schemi si parla di "rigidità" e competenze acquisite. Sino ad una certa età non è possibile questo. Il minutaggio è dipendente si dai coaches ma sfido travarne qualcuno che non faccia giocare un ragazzo bravo e meritevole..la conseguenza sarebbe....la sconfitta oppure l'essere allontanato dalle società per cui si lavora. Occorre ampliare i punti di vista. troppo limitativo dire "devon giocare" ecc..ecc...
almeno lo sport lasciamolo un posto ove ci sia una condizione meritatevole e di capacità!!!
 
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view post Posted on 18/6/2012, 18:10

forumista assiduo

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Pochi saranno d'accordo con queste mie poche righe ma il forum è fatto per esternare le proprie idee e confrontarsi con gli altri, in modo civile.
Non credo che la storia delle scelte, delle selezioni e dei minutaggi sia riconducibile a società più o meno professionistiche o altro: fa solo parte della normale competizione della vita.
Per esemplificare il mio concetto parto....dal basso.
Credo che molti di coloro che mi leggono abbiano, durante l'infanzia/adolescenza, passato del tempo libero all'oratorio o tra compagni di scuola o tra gli amici durante la vacanza al mare.
Anche li, a quel livello "non professionistico", c'era la dura legge della competizione.
Si faceva la conta e se il gruppo (non l'allenatore) non ti riteneva idoneo stavi fuori e giocavi poco perchè ...i tuoi compagni volevano vincere.
Nello sport organizzato succede la stessa cosa e in genere non è un male, dovrebbe stimolare i ragazzi a migliorarsi, purchè il tutto sia gestito con educazione e rispetto del singolo.
Forse esiste un solo vincolo importante: ogni ragazzo deve giocare al livello che gli compete o giù di li.
Se il ragazzo gioca poco o nulla forse l'allenatore ritiene che in quel gruppo quello è lo spazio giusto da dargli.
Sta a noi genitori cercare di capire come il ragazzo viva questa situazione, spronarlo a fare di più o, perchè no, a prendere in esame l'idea di cambiare squadra.
A me è capitato da ragazzo: per due anni sono rimasto anche se giocavo poco, al terzo ho cambiato squadra. Ancora oggi (52 anni) gioco a basket appena posso e ringrazio mio padre per avermi ben gestito in quel periodo di piccole delusioni.
 
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blackecco
view post Posted on 18/6/2012, 18:14




CITAZIONE (endan @ 18/6/2012, 18:39) 
CITAZIONE (blackecco @ 18/6/2012, 17:07) 
la verita è che di tutti i ragazzi che iniziano fin da piccoli UNA SOCIETA RIESCE A TROVARE 1 O 2 GIOCATORI FUTURIBILI .Il resto deve pensare a divertirsi fino a quando a voglia e non pensare di essere un fenomeno ( compreso i genitori ).
Verso i 19-20 anni molti abbandonano ...perche non hanno possibilità e scarsa voglia o si rendono conto che non possono competere.
Il vero problema sta nei genitori che si fanno illusioni ... :amen:

scusa, ma questa mi sembra un petizione di principio.
non sarà che proprio quei comportamenti cui allude Jordanis generano solo una ristretta cerchia di chi prosegue ?
come vedete è una domanda non una affermazione, peraltro affatto stizzita.
a me sembra poi che ben pochi genitori si facciano illusioni: non siamo nel calcio e nessuno (o quasi) pensa che il proprio figlio vivrà di basket. interessa solo che i propri figli non vengano demotivati o umiliati e abbandonino ancora prima dei 19-20 anni cui vi riferite. :cappello:

per la maggioranza delle piccole società è gia tanto arrivare a giocare UNDER 19
molte non fanno neppure UNDER 21.
Il motivo è semplice dopo questa eta si prospetta solo la PRIMA SQUADRA e dipende molto da dove milita se parliamo di C o D sono dolori per i nostri piccoli bambini :jump: :jump:
Poi ci metti i dirigenti che reclutano giocatori da altri lidi ( magari pagandoli ) e per il tuo bimbo non cè spazio .
Quindi in conclusione SE SEI BUONO GIOCHI SE NO RASSEGNATI la realtà secondo il mio punto di vista è questa , poi su come risolvere il problema mi spiace ma non saprei propio cosa suggerire.


CITAZIONE (ilvecchiocasanova @ 18/6/2012, 19:10) 
Pochi saranno d'accordo con queste mie poche righe ma il forum è fatto per esternare le proprie idee e confrontarsi con gli altri, in modo civile.
Non credo che la storia delle scelte, delle selezioni e dei minutaggi sia riconducibile a società più o meno professionistiche o altro: fa solo parte della normale competizione della vita.
Per esemplificare il mio concetto parto....dal basso.
Credo che molti di coloro che mi leggono abbiano, durante l'infanzia/adolescenza, passato del tempo libero all'oratorio o tra compagni di scuola o tra gli amici durante la vacanza al mare.
Anche li, a quel livello "non professionistico", c'era la dura legge della competizione.
Si faceva la conta e se il gruppo (non l'allenatore) non ti riteneva idoneo stavi fuori e giocavi poco perchè ...i tuoi compagni volevano vincere.
Nello sport organizzato succede la stessa cosa e in genere non è un male, dovrebbe stimolare i ragazzi a migliorarsi, purchè il tutto sia gestito con educazione e rispetto del singolo.
Forse esiste un solo vincolo importante: ogni ragazzo deve giocare al livello che gli compete o giù di li.
Se il ragazzo gioca poco o nulla forse l'allenatore ritiene che in quel gruppo quello è lo spazio giusto da dargli.
Sta a noi genitori cercare di capire come il ragazzo viva questa situazione, spronarlo a fare di più o, perchè no, a prendere in esame l'idea di cambiare squadra.
A me è capitato da ragazzo: per due anni sono rimasto anche se giocavo poco, al terzo ho cambiato squadra. Ancora oggi (52 anni) gioco a basket appena posso e ringrazio mio padre per avermi ben gestito in quel periodo di piccole delusioni.

:quoto: :quoto: :quoto:
 
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endan
view post Posted on 18/6/2012, 22:08




CITAZIONE (blackecco @ 18/6/2012, 19:14) 
Quindi in conclusione SE SEI BUONO GIOCHI SE NO RASSEGNATI la realtà secondo il mio punto di vista è questa , poi su come risolvere il problema mi spiace ma non saprei propio cosa suggerire.

ok, grazie, d'accordissimo su tutto (meritocrazia :yes: , scelte dei dirigenti, piccole squadre, etc.). Però oltre alle spiegazioni, un po' di illusioni "buone" ai nostri figli dategliele: se non hanno quantomeno la prospettiva di migliorarsi (non dico di giocare in Nba o quattro quarti in eccellenza) pensate che per il semplice divertimento si farebbero 4 allenamenti a settimana più uno o due partite nel week-end ? troverebbero un altro divertimento che richiede meno sacrifici. :bye:
 
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