PIELLE LIVORNO

A parte gli scherzi e le prese di culo (che comunque ci stanno sempre bene) il problema sollevato da Quandomai è serio e reale.
Dove abbiamo sbagliato, dice.
Come ha fatto una squadra che ha fatto la finale scudetto, ma anche la Korac, altri play-off e tutto il resto, a ridursi così, a non contare più un cazzo nè in città nè sui giornali, niente, a non arrivare a 100 persone alle partite.
La Pielle indubbiamente ha mantenuto vivo un ideale, un qualcosa in cui riconoscersi, un'identità comune della quale sentirsi parte.
E' vero quello che è scritto qui sopra che c'è un'analogia fra quello che è successo a Bologna -Fortitudo e la Pielle, ovviamente fatte le debite proporzioni. Gente che non ha mai smesso di crtederci e di esserci, nonostante tutte le traversie e gli scippi e le discese di categoria e le tante sconfitte.
Lottare per il gusto di lottare.
La Libertas ha fatto come quei nobili decaduti che, una volta finito il patrimonio, si rinchiudono nell'unica villa rimasta, nella quale sono stati venduti tutti i mobili, e non escono più di casa.
Un'occasione grande era capitata negli ultimi due anni, quando la Libertas si era trovata ad essere, dopo la sparizione di Basket Livorno, la prima squadra maschile della città, in C1.
Là si sarebbe dovuto lavorare per far riscoprire il passato, richiamare gente, fare proselitismo nelle scuole, far ricordare e riscoprire le radici, il passato, la finale scudetto. Ma non per dire, come sempre, "ce l'hanno rubata", ma per dire "noi l'abbiamo fatta", una finale scudetto, cazzo, mica noccioline.
I Piellini non gli avresti convinti mai, come è giusto che sia, ma un po' di altri appassionati forse sì.
Invece la dirigenza è stata due anni a vivacchiare sul niente, in due anni non ha portato una persona in più al palasport, poi quest'estate è arrivata la magata del Don Bosco in B2 e ora la Libertas, un nome che comunque meriterebbe rispetto, anche da parte degli avversari, ha fatto questa fine, triste prima di tutto