Nec tecum, nec sine te vivere possum!</b
<b>"L'unico fascino del passato, è che è passato", diceva Oscar Wilde. A Livorno forse non lo sanno oppure non ci credono, almeno per quanto riguarda il basket. Anzi, rigirandola, diciamo che l'unico fascino del basket sembra ormai ridotto a quello passato, se c'è una società di A che retrocede in una Legadue alla quale non sa ancora se parteciperà, ma ci sono 3.500 persone, forse di più, che pagano a prezzo pieno per scaldarsi all'emozione di un derby nostalgia, con gli attori e i colori di vent'anni fa. Con il traino dello scopo benefico, d'accordo, incasso tutto devoluto all'Associazione "Insieme per la vita" del decano dei pediatri livornesi, il prof. Vizzoni, ma c'è da giurare che gli spalti sarebbero stati pieni anche si fosse trattato di un'operazione commerciale.
Vent'anni fa, storia ai più nota, Libertas e Pallacanestro Livorno battagliavano nell'allora A1 contendendo a Bologna la grassa il titolo di basket city e come questo fosse possibile in una città già allora priva di un solido tessuto imprenditoriale è mistero che a distanza si fa ancora fatica a capire, eppure le due nemiche c'erano così come le loro discendenti dirette (nomi un po' camuffati, i codici Fip di allora cancellati da fusioni e rinunce varie) ci sono ancora e vivono e lottano impegnate nei rispettivi play-off promozione, la prima in C2, come si dirà più avanti, l'altra in promozione e qualcuno dice che solo quando guelfi e ghibellini torneranno ancora a darsele nello stesso campionato il basket a Livorno potrà rinascere davvero. Se individua anche chi metterà i soldi, ha ragione.
Il presepe vivente o derby della nostalgia richiama in campo, vent'anni dopo, il quintetto base della finale scudetto 1989 e poi distinti uomini d'affari, agenti di viaggio, direttori di banca, commercialisti, quelle che sono le professioni attuali dei protagonisti di allora in mezzo a gente che nel basket, a vario titolo, c'è ancora, come Pellacani, Forti, Minto, De Raffaele, Dell'Agnello, Fantozzi. Escono dagli scantinati gli striscioni d'allora, dai cassetti le magliette, nuovi lenzuoli fanno per la prima volta la conoscenza delle balaustre del vecchio PalaMacchia (il più divertente?
www.manonvelohannodato.it, in risposta ad un blog in voga di questi tempi a Livorno:
ircanestroerabonoovviamente riferito al celeberrimo gol annullato a Forti all'ultimo secondo di gara 5 della finale scudetto 1989).
Quasi vent'anni sono passati e in tanti ne parlano ancora, quel sogno spezzato, quell'urlo ricacciato in gola ha segnato in modo indelebile la storia del basket livornese e se per metà città Pasquale Zeppilli, colui che disse "Signori, non vale niente", potrebbe fare il sindaco o meritarsi un Nobel, per l'altra metà fu complice di una truffa odiosa perpetrata per favorire la metropoli ai danni della provincia.
Sia come sia in tanti, troppi secondo qualcuno, si sono fermati lì, a quella domenica 27 maggio 1989 che per tanti fu passione e per altrettanti estasi e non sono bastati Charlie Bell e Nicholas, Shumpert e Fantoni per levarli da lì.
A questi basta l'emozione di una sera, le squadre che entrano in campo con frastuono e fumi e musiche di allora, la difesa senza sconti per quanto è possibile in una partita dove i più giovani hanno quarant'anni e i più maturi (Giusti, Diana e Albertazzi) hanno ormai toccato la cinquantina, anche se saranno proprio i 4 punti dell'ex capitano Libertas forse quelli più sanguinosi per la vecchia Pielle, più ancora delle triple di Fantozzi e dei 19 di Alexis, unico americano ad aver accettato di venire a Livorno, poi eletto miglior giocatore dell'incontro.
Partita vera, se mai ce n'è stata una, perchè il derby a Livorno è così e non potrà mai essere che così, quand'anche lo si giocasse al campetto dell'oratorio. La storia dentro la storia la scrive Fantozzi, quello cui è intitolato il palasport di Capo d'Orlando, oggi allenatore proprio della Libertas in C2 e nella stessa sera impegnato per gara1 della finale promozione in C1. Chiesto senza ottenerlo lo spostamento della partita play-off, decide comunque di partecipare al derby giocandone almeno metà e promettendo ai suoi rassicurante lascito di vantaggio da amministrare. 19 scritti in 15 minuti non bastano ad onorare la promessa perchè dall'altra parte c'è Bonaccorsi, l'unico fra i tutti ancora in attività che impatta all'intervallo lungo a quota 38, per lui 23 alla fine, bomber di serata, altrimenti a che serve chiamarsi "Bomba"?
Orfana di Fantozzi, tuffatosi im macchina verso S.Vincenzo (dove perderà di 1, non si può avere tutto dalla vita e chiedergli quale delle due avrebbe preferito vincere è esercizio difficile e probabilmente destinato a ricevere in cambio se non una bugia almeno una mancata verità), la Libertas gioca più di squadra, la Pielle crede di poter approfittare dell'assenza del n. 10 più famoso di Livorno ma litiga troppo col ferro quando va in lunetta e manca due volte l'aggancio negli ultimi 10 secondi, la tripla per la vittoria di Minto (21, comunque) si stampa sull'anello, 74-72 vincono gli uomini di Alberto Bucci, insieme a Mauro Di Vincenzo richiamato sulle panchine dove vissero alcuni dei migliori anni della loro vita da coach.
Poi si parla di passione, di fuoco che cova sotto la cenere, di ebbrezze passate e di speranze future. Per una sera è stato bello crederci, domani c'è però un'iscrizione da fare coi soldi di chi non si sa, è stata una serata "che vola via, come una farfalla o una nostalgia". Gli striscioni si ripiegano, gli sfottò tornano virtuali, le magliette di allora riconoscono i cassetti nei quali stanno custodite, Bucci e Di Vincenzo riprendono l'autostrada per Bologna, gli altri alle loro attività di oggi.
Un altro bel come eravamo è stato scritto, sperando o illudendosi che serva a qualcosa.
Nec tecum, nec sine te vivere possum, nè con te , nè senza di te posso vivere, scriveva Tibullo.
Chissà se, con duemila anni di anticipo, già conosceva la storia del basket a Livorno....
Fonte: Superbasket - Francesco Parducci