| Foresteria sì, foresteria no.
In attesa delle partite del prossimo lunedì, colgo l’occasione per una chiacchiera o, per meglio dire, lanciare un sasso nella speranza di conseguenze. E’ notizia recente l’inaugurazione di Casa Virtus (Virtus Pallacanestro Bologna), con la nuova ed innovativa foresteria, l’Arco Campus, inserita in un parco tematico aperto al pubblico. La notizia è di per sé meritevole di attenzione, ma il fatto che la stessa sia stata testimoniata dalla Gazzetta dello Sport, dedicandole un’intera pagina del quotidiano (Gazzetta del 17 ottobre 2018, Inserto Time Out/Dentro ai Club, pag. V), vale l’occasione di un breve pensiero. In sintesi, la notizia è che le “V” nere possono ora contare su una moderna ed efficiente struttura, costata ben 4,5 milioni di euro, che si sviluppa su tre piani per 1.400 metri quadrati. Allo stesso tempo, è atteso a breve l’ammodernamento della palestra “Porelli”, campo di gioco ed allenamento delle giovanili, con anche la previsione di realizzare anche una zona per il recupero fisico e la crioterapia. Ad oggi, la foresteria della Virtus ospita 5 ragazzi, provenienti da tutte le regioni d’Italia e non solo (ad esempio, la Virtus ha in essere contatti di collaborazione con la Federazione senegalese di pallacanestro), tra i quali vi è il giovane Tintori (classe 2002), che due anni fa ha vestito la muta dell’Olimpia Milano, ma il numero atteso è di 15 ragazzi. Per lavorare bene, si sa, è necessario avere una struttura moderna ed efficace, ma non basta. Ci voglio anche risorse e la Virtus ha deciso di impiegare 400.000 € annui nel settore giovanile. Un bella cifra, direi (invero è inferiore al 5% del budget annuale previsto, previsto intorno ai 10 ML di euro. La percentuale, però, è quella media espressa dalla nuova scienza del management sportivo, che ammette l’investimento nel settore giovanile per una valore massimo del 6% del fatturato). Con una cifra intorno ai 400.000 €, oggi si può affrontare una DNB con velleità di successo o, altrimenti, si campano almeno due squadre di DNC o quattro delle cosiddette “Minors”. Insomma, una cifra di tutto rispetto. Invero, la Virtus, per raggiungere questo risultato e guardare al futuro con occhi diversi, ha dovuto blindare i conti della società, gestendola secondo i criteri e le logiche del gruppo Segafredo (ndr. Patron Zanetti detiene il 40% delle quote societarie) è, attraverso l’uso di varie formule, dai versamenti in aumento di capitale a quelli in conto copertura perdite, per scrollarsi di dosso l’antipatico legame con il passato (debiti). Comunque, la notizia nella notizia è il rinnovato interesse delle Società professionistiche nell'investire nelle foresterie. Negli ultimi due/tre anni, difatti, sono state riattivate numerose foresterie un tempo chiuse e nuove ne sono state aperte. Tra le ultime, di particolare valenza sono il Novipiù Campus Piemonte Basketball di Torino, il Soundreef Mens Sana di Siena, l’Alma Academy di Trieste, la Basket Academy CR di Cremona o la Casa Orange 1 di Bassano del Grappa. Altre, poi, sono in progetto e, tra queste, è atteso con grande interesse lo sviluppo dell’iniziativa della Pallacanestro Varese che, nella zona di Calcinate degli Orrigoni, intende realizzare due campi con tribune, una nuova palestra ed una foresteria dotata di servizi anche aperti al pubblico. Tutto bene quindi. Bah! Personalmente, credo che le società professionistiche non dovrebbero avere nulla a che fare con il settore giovanile, ma questa è un’altra storia che meriterebbe un thread dedicato a parte ( … fa riflettere il fatto che meno del 7% dei giocatori cresciuti nei vivai di Società professionistiche oggi figuri negli organici del campionato e, di questo, meno del 3% militi nella società di origine), ma è evidente che vi è sempre più interesse ad investire nelle strutture e, quindi, sui giovani atleti. Sembra dunque essere stato accolto il messaggio del presidente del CONI Giovanni Malagò, ex amministratore delegato e presidente della Virtus Roma, che, intervenuto all’Italian Basketball Summit del maggio 2017, ha invitato il movimento ad investire sulle strutture e sui giiovani. “Quello degli impianti” ha detto Malagò “è uno dei maggiori problemi. In passato sono state fatte scelte che si sono rivelati errori pazzeschi: sono stati spesi tanti soldi per allungare le rose e non per creare una casa e oggi lo paghiamo. Quei presidenti non erano imprenditori, ma appassionati. Ora dobbiamo lavorare su opportunità diverse. Utilizzo degli italiani? Nessuno ha la formula magica. Se i giocatori italiani sono cari, occorre costruire più giocatori italiani forti. Occorre lavorare sui settori giovanili al meglio, con persone competenti. È l’unico modo per avere un futuro diverso” Credo, invero, che l’investimento, se strutturale, sia buona cosa, ma è innegabile che questo sia una prerogativa delle società ricche di risorse e di prestigio. Allo stesso tempo, è innegabile che la nuova riorganizzazione di queste società abbia effetti anche sulle tante società dilettantistiche presenti sul territorio, che le siano vicine e, in ragione delle foresterie, anche lontane. E’ bene tenere presente che, a fronte di nuovi investimenti e ristrutturazione delle risorse societarie, sta cambiando anche l'atteggiamento verso l’attività di reclutamento degli atleti, al punto che il nuovo corso avviato riconosce che, sino alla categoria degli under 13, è opportuno riferirsi a criteri geografici di vicinanza, ma già dalla categoria degli under 14, è attesa una selezione interna e la strutturazione con diritto di riscatto di eventuali collaborazioni per area geografica. Per contro, dalla categoria degli under 15 è imperativo guardare oltre i confini regionali e riferirsi a tutto il territorio nazionale, mentre dalla categoria degli under 17 è opportuno aprire il reclutamento oltre i limiti dei confini nazionali e consolidare i tesseramenti derivanti dai prestiti. In occasione di un incontro fatto in merito (a cui ho partecipato da clandestino, lo confesso), il punto fermo è stato: “se siamo bravi scegliamo su tutti, non solo su chi è disponibile (nel senso che si propone)”. La migliore strutturazione delle società professionistiche (e non solo) porta dunque ad ampliare la distanza oggi esistente nella concreta possibilità di attrarre giovani atleti e fidelizzare quelli già tesserati. Questa nuova e più ampia differenza di capacità tra le diverse società sportive riduce anche la possibilità di richiamare giovani per allenatori ed ottenere nuove strutture ed attrezzature sportive. In sintesi, è possibile attendersi che un ragazzo di 14 anni, ricco di talento e pronto ad impegnarsi su di un progetto futuro, che si trovi di fronte alla scelta tra un’Academy e la Team Barazzo A.S.D. (sicuramente animata da spirito di dedizione, impegno e sacrificio), sceglierà molto probabilmente l’opzione più strutturata, anche solo per prestigio e possibilità. Dunque, mentre si plaude ai nuovi progetti avviati od in fieri, la galassia delle società minori e dilettantistiche appare ancora distratta, intenta ad occuparsi della propria esistenza (se non sopravvivenza), compiacendosi dei piccoli o grandi successi quotidiani, di solito a carattere provinciale od, al massimo, regionale. Nulla di male, anzi. Ciò accade perchè ragionevole ed abituale, tuttavia, quello che mi appare anomalo e che nessuno (così pare) manifesti un fastidio, se non un disagio. Vi è infatti la possibilità concreta che nei prossimi anni ci sia un netto impoverimento di talenti tra le fila delle società minori, perché attratti da progetti di formazione più concreti, così da confinare queste realtà ai margini del movimento cestistico. Infatti, con una minore evidenza ed una decisa sterilità di risultati, la capacità di attrarre giovani atleti e fidelizzare quelli già tesserati potrebbe essere compromessa Quale futuro dunque? Diversi potrebbero essere gli scenari ipotizzabili, ma quello che appare più verosimile è la cessazione delle attività delle realtà più fragili e la fusione di realtà poco più strutturate con altre, mentre alcune potranno sopravvivere solo in ragione delle collaborazioni con le “major”, ma perdendo certamente sovranità, se non il regno. Pertanto, magna cum laude ad ogni progetto di concreta eccellenza, ma alzati i calici e battute le mani, è forse giunto il momento di ripensare la propria casa, perché proteggerla è necessario, ma averne cura di più. Fine pausa pranzo.
Nota1 : Tra l’altro, in quel di Bologna, la nuova struttura della Virtus segue di pochi mesi l’inaugurazione della nuova Casa Fortitudo, composta dalla sua nuova Sede e dalla struttura dell’Academy Sport Village, dedicata agli allenamenti e partite della prima squadra e del settore giovanile. Nota 2: una nota di curiosità. Spesso viene citata la “Cantera” del Barcellona F.C. quale esempio di eccellenza nella gestione del settore giovanile. La Società catalana investe intorno ai 20/25 Ml di euro l’anno. Per avere un buon confronto l’Inter, che è una delle società italiane che investe di più nel suo settore giovanile, non supera i 5 milioni di euro considerando anche gli acquisti dei giocatori, cosa che nei 20-25 Ml del Barça non vengono considerati, poiché questa voce di spesa viene aggregata ai costi generali della Società sportiva. Nel basket giovanile, il Barcellona investe circa 2 Ml di euro e non è la società che investe di più. In Europa, è la “Fábrica” del Real Madrid a detenere il record degli investimenti sui giovani talenti. Ad ogni modo, per avere un buon confronto, la media degli investimenti (a bilancio spese) nelle giovanili da parte delle Società professioniste si aggira introno ai 200.000 € (tenuto però conto che poche sono le società che esprimono in chiaro a bilancio i costi sostenuti per le giovanili). Nota 3: … il primo club sportivo ad istituire un settore giovanile in Europa fu il Genoa Cricket and Football Club nel lontano 1902. Una società lungimirante, che già aveva compreso che “chi no à ’n figeu o no à ’n futûro” (chi non ha un figlio, non ha un futuro). Nota 4: …. in merito al “sistema” Basket. Alcuni studi rivelano che la soluzione migliore per creare un mercato efficiente del nostro Basket sarebbe quella di abbandonare l'attuale sistema, basato sui campionati nazionali che permettono l'accesso per qualifica, a favore di una struttura chiusa, dove i migliori team, per struttura e finanze, giocherebbero senza il rischio di retrocessioni a campionati minori. In questo modo si attirerebbe più pubblico, si avrebbero minori costi di gestione e si aumenterebbe il livello di competitività, con il vantaggio immediato di uno spettacolo di alta qualità a costi inferiori. Il modello, da più presentato, evidenzia inoltre come la spinta verso questo tipo di sistema sia in un certo modo già avviata ed irreversibile. Infatti, la crescente polarizzazione dei campionati nazionali fra squadre che competono sia per il titolo nazionale sia per quelli europei e squadre di profilo più basso nonché il forte aumento dei costi delle squadre di vertice per sostenere due competizioni, porteranno inevitabilmente alla formazione di una lega chiusa ed a campionati nazionali per le squadre che non vi entrano (vedi Eurolega). Il nuovo assetto, dunque, dovrebbe essere analogo a quelle delle leghe professionistiche statunitensi con la nuova lega in veste di competizione di élite ed i campionati nazionali nel duplice ruolo di campionati di secondo piano e di bacini per lo sviluppo delle categorie giovanili. Son diversi gli studi che indicano nella creazione di una lega chiusa la soluzione al problema dei settori giovanili. Il dilemma del reclutamento di nuovi talenti verrebbe poi risolto dal mantenimento dei campionati nazionali, che rappresenterebbe per il sistema europeo quello che il sistema dei colleges e delle minor leagues rappresenta per il mondo sportivo americano. A compimento del percorso formativo, potrebbe essere introdotto un metodo di reclutamento dei giovani talenti sul modello dei rookie draft, così da garantire la continua competitività della nuova lega. Tuttavia, è abbastanza evidente che una tale riorganizzazione si oppone al costume ed alle tradizione che sono un ostacolo molto forte alla riorganizzazione dei campionati nazionali. Il sistema attuale è fondato su molteplici e diversi interessi campanilistici e trova una sua ragione di esistere proprio sul meccanismo “meritocratico” della promozione-retrocessione. Diversamente, un nuovo sistema dovrebbe essere basato esclusivamente sul profitto, perché è in base a questo che le società professionistiche si strutturano ed operano. Oggi le società professionistiche mostrano bilanci con debiti o lontani dal presentare profitti, a parte pochissime eccezioni. Invero, le diversità di elementi tra i due modelli sono tante e tali che la completa trasposizione dall'uno all'altro, per ragioni di ordine puramente economico, porterebbe alla luce problemi non solo economici, ma culturali, antropologici e, forse, anche politici. A ciò, poi, è necessario si deve riconsiderare il ruolo della Federazione, la questione del vincolo sportivo (vera ed odiosa aberrazione rispetto alla libera scelta espressiva della libertà di autodeterminazione individuale, riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico ad ogni singolo individuo) nonché quello che potrebbe (e per me dovrebbe) essere l’offerta formativa scolastica in un nuovo possibile contesto. Ma, come detto, questa è un’altra storia che meriterebbe un thread dedicato a parte. Nota 5: Basta note!
Edited by Stid - 25/10/2018, 14:17
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