| In attesa delle prossime partite (a cui non riuscirò ad assistere, sigh! Ma sempre e comunque “forza MI3!”), prendo spunto dalla performance dei ragazzi di Siena, in occasione della partita U18 eccellenza della scorsa settimana a cui ho avuto l’occasione di assistere, disputata dalla SG Mena Sana Basketball Academy (di particolare talento è il giovane Nemanja Mislejenovic, ala serba di 205 cm ambidestro) contro la Audax Carrara (squadra veramente tosta, con un paio di ragazzi davvero talentuosi), per un paio di riflessioni sul tiro da tre. Recentemente, Sergio Scariolo, il tecnico bresciano oggi alla guida della nazionale spagnola, ha affermato che nel basket moderno bisogna essere eccellenti nel tiro da 3 punti, poiché questo fondamentale è divenuto la variabile assolutamente decisiva per vincere le partite. Scariolo ha proseguito affermando che questa capacità diventa anche un fattore equilibratore di altre capacità e, così dicendo, di fatto ha riconosciuto a questo particolare tiro la capacità di compensare la deficienza tecnica o tattica di una squadra rispetto al maggiore valore dell’avversario. L’uso e l’abuso di questo tiro è, invero, una prerogativa del gioco professionistico americano, dove si susseguono record ogni anno per triple segnate ed i tentativi fatti. La giustificazione di tutto ciò, a leggere quanto riportano gli sportscasters più accreditati, è quello di velocizzare il gioco ed aumentare i possessi. Che la tendenza relativa al tiro da dietro l’arco sia cambiata rispetto al passato è oramai un’evidenza che può essere colta in ogni campo, dal parquet al parchetto, ma concesso che si tira sempre meglio, si tira anche molto di più e non è detto che questo paghi sempre. Tempo fa, mentre ero in attesa per un impegno, ho avuto l’occasione di avere in mano un report sulle statistiche di gioco delle principali squadre professionistiche italiane, serie A1 per intenderci. La nota che mi è parsa più interessante è stato rilevare il valore delle triple tentate di media a partita e quello delle triple realizzate. Altro dato su cui ho posto la mia attenzione, nel tentativo di capire meglio l’evoluzione di questo sport, è stato il numero di possessi che ogni singola squadra ha ogni volta che scende in campo, cresciuto notevolmente rispetto a qualche stagione fa. Dunque, ciò che mi ha colpito è stato il fatto di constatare come questi numeri, ossia quello dei possessi e dei tiri da tre tentati e segnati, sia lievitato nel corso degli ultimi tre anni. Per curiosità ho preso in esame tre società sportive, negli ultimi anni ai vertici del campionato, ed ho notato che, una in particolare, tre anni fa ha giocato con poco più di 87 possessi per gara, quasi 8 in meno rispetto alla scorsa stagione (ultimo dato disponibile). Il che significa che, potenzialmente, oggi si fanno 8 tiri in più e, sempre in potenza, 8 canestri in più per una media, molto approssimativa, se in valore assoluto, di 24 punti in più ogni partita. In sostanza, è possibile ammettere che questa squadra abbia “guadagnato” un punto a possesso, tirando così tanto da oltre l’arco, il che non comporta un grosso miglioramento in termini di punti effettivi (8), ma aumenta senza dubbio la possibilità di farne. Questo spiega, a pare mio, come non sia così certo che, al maggior numero di tiri, corrisponda l’aumento dei canestri realizzati. Devo ammettere che, in generale, i numeri non spiegano uno sport ma nella pallacesto aiutano a meglio comprendere la struttura. Oggi, anche nelle partite dei ragazzi, si tira molto di più da tre punti ed, in proporzione, si segna di più, ma la scelta non sembra essere sempre produttiva, poiché la differenza la fanno e la faranno sempre i tiratori specialisti, che cercheranno sempre più di allontanarsi dall’area. A dispetto della dimensione professionistica, espressione dell’unione tra lo sport e l’interesse economico, nel settore giovanile emerge l’evidenza è che non si lavori più a formare i centri (ed i playmaker), ma ali forti con doti da esterni ed un gioco sempre più rapido (e tweener). Un tempo, si lavorava per un tiro sicuro, oggi per un buon tiro, ma un buon tiro non è necessariamente un tiro da tre. A parer mio, il tiro l’uso eccessivo del tiro da tre ha completamente cambiato la fisionomia della pallacanestro, rendendola spesso monotona nella scelta e nella spettacolarità delle situazioni offensive. Di fatto, bisogna riconoscere che avere una soluzione di gioco fondata sul tiro da oltre l’arco, riduce la sfida tattica a “togliere” il maggior numero di questi tiri agli avversari, con una difesa aggressiva oltre la linea da tre punti. E’ la stessa capacità dell'allenatore in campo ad essere mortificata. Pensare che, siccome un tiro da tre vale tre punti e uno da due soli due, conviene sempre tirare da tre, riduce la variabile in campo alle sole percentuali di tiro. Invero, in termini assoluti, da tre si tira peggio che da due, ma, alla fine, i conti tornano quasi sempre. Per contro, se con il tiro da tre si riescono ad avere percentuali di realizzazioni vicine al tiro da due, è evidente che conviene tirare sempre da fuori, anche perché più sei pericoloso da lontano, più la difesa sarà in difficoltà a difendere anche sugli attacchi al ferro. Per la legge dei numeri, la squadra ideale è comunque quella che o tira da tre o segna canestri da due ad alta percentuale. Il paradosso è che la condizione base per essere vincenti tirando molto da tre è la… buona difesa. Se ripenso alle scorse finali nazionali U16, è innegabile è innegabile che le vittorie sono state costruite soprattutto nella propria metà campo. Allo stesso tempo, se si parla di statistiche e di teorie tattiche, quando si riconosce una squadra con una qualità di pallacanestro superiore a tutte le avversarie, ci si accorge che questa tira meno da tre punti, ma meglio. Da parte mia, non c’è dubbio che le più belle e divertenti partite dei ragazzi a cui ho assistito siano siano state quelle dove non si è visto il solo prendi e tira, a volte onestamente eccessivo. Spesso, mi è venuto da pensare che, prima o poi, certe squadre dovrebbero tirare meno da tre punti, ma la realtà è esattamente opposta e con i ragazzi di oggi, per cui fare canestro da oltre l’arco è diventato uno scherzo, appare evidente che sia utile, se non necessario, tirare sempre di più oltre la linea. Spero, però, che ciò non accada… La cosa di cui, probabilmente, non ci rendiamo meno conto è che questa esasperazione del tiro da tre, che ci arriva nello schermo da oltreoceano, è addirittura più evidente in Italia, anche grazie al fatto che la linea da tre è a soli 6 metri e 75 dal canestro che, per i fisici dei senior e d anche degli junior di oggi, è una distanza addirittura banale da affrontare per un tiratore. Se gli Houston Rockets usano le triple nel 46% dei loro tentativi, Sassari scaglia dall’arco il 44.6% delle sue conclusioni e Venezia il 43.4%. Solo che, nella Nba, con partite più lunghe e ritmo d’attacco più veloce, la massa delle conclusioni da tre è in termini assoluti ben superiore alla nostra. E visto che ogni tiro da tre, dà a Sassari 1.14 punti sul referto mentre da due è solo a 0.99, dovrebbe tirare ancora di più da fuori, ma il gioco e, per me anche lo spettacolo, muore. Ho citato Sassari, ma in Italia la scorsa stagione sono tante oltre quel limite: con Sassari e Venezia, anche Avellino, Brindisi, Reggio Emilia e Milano, cioè tutte le squadre in lotta per disputare la finale. In sintesi, è possibile riconoscere che il tiro da tre ha cambiato completamente le logiche del basket e continuerà a farlo: oggi nella nostra massima serie professionistica, la media per squadra di triple tentate per partita è di 23.8, erano 21.7 dieci anni fa e 16.7 nel 1997. Nella Nba la media delle triple tentate ha avuto un incremento del 60% negli ultimi dieci anni e, considerando che in Italia le gare durano meno, si tira da tre di più da noi che in America e, probabilmente, è forse venuto il momento, anche in Europa, di allontanare la linea del tre punti alla distanza degli oltre 7 metri “made in USA” (naturalmente, questa mia è una semplice provocazione, vista la cronica deficienza di strutture ed i limiti di quelle esistenti, tale soluzione è di fatto impraticabile, dovendo necessariamente allargare tutti i campi). Da parte mia credo che l’abuso del gioco da tre, mostrato in più occasioni sui campi delle giovanili, non sia dettato da una convinzione formativa, ma dalla sempre più frequente incapacità degli allenatori di fare gioco. E nulla vale l’affermazione che “questo è quello che è chiesto dalle senior ed a questo che si formano i ragazzi”, perché alle senior hanno accesso i giocatori capaci, quelli pienamente e sapientemente formati. Di ciò, se ne prende atto, ma non si dice mai che ci si accorge di tutto, anche se si fa finta di niente. Come quando si continua a ripetere che “non importa”. I rischio, però, è che forse un giorno ci si crederà. Buon basket a tutti.
Nota: quella di Carrara è stata una bella partita che, a dispetto del risultato, è stata combattuta sino alla fine ed il gioco mai scontato. Siena è una squadra molto competitiva, che ha saputo opporsi con efficacia e diverse soluzioni di gioco alle differenti difese, sia a zona sia a uomo, che gli “Audaci” hanno messo in campo. Oltre a Mislejenovic, vi segnalo Niccolò Lurini una shooting guard forte fisicamente e dotata di tecnica raffinata. Immagino che Siena accederà alle finali nazionali di categoria e che saprà far valere il suo potenziale contro chiunque, lombarde comprese.
AVVERTENZA uso improprio di spazio pubblico per utilità privata: Cara amica che mi scrivi, il mio consiglio è di rimanere in silenzio. È quando resti in silenzio davanti alle sue provocazioni, che gli fai capire chi è. Nessuno. Mi dici di essere sensibile alla questione. Da parte mia, l’unica cosa che ho capito della sensibilità, è che nuoce gravemente alla salute. Il problema è che tutti pensano di scrivere con ironia, molti credono di saperla usare, pochi la padroneggiano, quasi nessuno la capisce. Altri sono sono semplicemente maleducati (o solo stupidi) Un saluto.
Edited by Stid - 7/11/2017, 11:15
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