| I geniali o genialoidi spesso, sia nello sport che nella musica, pongono il problema della loro compatibilità col collettivo. Purtroppo ( o per fortuna ) giocare a basket non è come scrivere un libro o dipingere un quadro: ci sono anche gli altri. E così l'eterno interrogativo è: meglio genio e sregolatezza anarchica, o costruzione condivisa che al genio schifa un po'? Ai posteri l'ardua sentenza? Ma anche no, perché in pratica, da come uno tifa, si vede quanto preferisce l'individualismo/l'eroe o quanto l'organizzazione. L'eroe solitario diventa spesso un mito, mentre la costruzione paziente e preparata è sentita come una gabbia: ecco perché il termine "libertà" è così amato anche quando significa semplicemente "libertà di fare quel c.... che mi pare, anche se agli altri finisce per nuocere". Mitchell spacca il tifo come pochi: un po' tutto il suo contegno in campo aiuta a vederlo come un eroe sdegnoso, solitario e possente, atletico e geniale, un Achille del basket. Ed allora il tifo diventa religione, e ciò accade a tutte le latitudini. Naturalmente, finchè uno così ti fa vincere, anche chi non "crede" è indotto a tacere. Più difficile l'adesione quando le cose iniziano a non funzionare più come prima. In fondo, sembra che la partita ideale per Tony sia stata quella con la Roma: la squadra giocava male, lui era in gran forma, e la sua solitudine era pienamente legittimata, perché salvava il risultato. Ma quando lui sbaglia molto ( pur combinando numeri da circo ) e la squadra vorrebbe muoversi ANCHE col pallone? Difficile, molto difficile risolvere il rebus: Buscaglia ha in mano la patata bollente, vediamo cosa farà......
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