| Pistoia, riabbraccia Pancotto: "Ricordi bellissimi, ma in campo ci sarà da soffrire: la squadra di Moretti sta andando alla grande"
- Il Tirreno -
PISTOIA. La sua scelta di scendere in Legadue ha fatto notizia. Ma il suo ritorno domenica a Pistoia, da avversario alla guida della matricola terribile Barcellona Pozzo di Gotto, fa un grandissimo piacere. Lui è naturalmente Cesare Pancotto, il coach marchigiano che in quella primavera ’92 (a soli 37 anni) portò l’Olimpia in A1 accendendo una città che come ci dice «era in un piacevole subbuglio». Da avversario è tornato poco, l’ultima volta è stato 13 anni fa (2 febbraio 1997 quando la Rolly vinse sulla sua Siena, che era un’altra Siena rispetto a quella milionaria targata Monte). Poi le strade si sono divise, ma solo sul campo. Perché per Pancotto, Pistoia è rimasta una delle squadre e delle città del cuore. Quello di domenica non sarà insomma un pomeriggio normale. All’amarcord si interseca la sfida del campo tra la sua corazzata (anche se lui non ne vuol sentir parlare) e la tosta Pistoia di inizio stagione. Coach, partiamo dal passato. Cosa proverà tornando al PalaFermi? «Tanta emozione nel rivedere tanti amici. Cosa le devo dire poi... le 114 partite dirette a Pistoia, col 50% di vittorie me le ricordo ancora una ad una. Fu la mia prima promozione in A1, ed era anche la prima volta di Pistoia. L’anno seguente, indimenticabile, arrivammo subito ai playoff e fummo eliminati solo dalla Bologna di Ettore Messina. E poi mi rivengono in mente le immagini dei derby: ne giocammo 8 derby, e i 4 di A1 furono tutti vinti». Complimenti per la memoria... «La Toscana di quegli anni era davvero un bel subbuglio e Pistoia voleva crescere grazie anche a persone come Becciani e la famiglia Carrara. Penso poi al povero Piperno o al mio assistente, Giovanni Papini. Dietro a quegli anni ci sono per me tantissime emozioni per cui ringrazierò sempre Pistoia di avermele fatte vivere». I suoi ragazzi dell’epoca sono giocatori che la città non ha mai dimenticato... «Tutti in quegli anni siamo cresciuti un po’. Con Crippa, Valerio e Mark Campanaro ho condiviso tutti e tre gli anni pistoiesi. Ma tutti rimangono nel cuore, da Carlesi, Lanza, Silvestrin, Forti, Minto, Maguolo... Sono contento che tutti abbiano trovato uno spiraglio professionale dopo aver smesso di giocare. E poi ci sono i tifosi. In quegli anni c’erano gli Untoucheables, ora c’è Baraonda, vero?». Giusto, chi le dà gli aggiornamenti? «Io so sempre tutto, soprattutto delle città dove ho lavorato. Volevo dire che in posti come Pistoia può cambiare il nome ma la voglia di regalare emozioni da parte delle gente è la stessa. C’è un tifo connaturato al basket». Veniamo ad oggi e alla sua scelta di scendere in Legadue. Come è nata? «Nella mia carriera io accetto solo sfide. Sono bastati 10 minuti di colloquio col presidente Bonina all’aereoporto di Catania per dire sì. Il mio è un istinto razionale, se si può dire. Dietro al sì c’è l’ambizione di una piazza, c’è la voglia di rimettersi in discussione». La sua è una squadra molto forte reduce da due ampie vittorie sul campo, una delle quali cancellata solo dal patatrac del giudice sportivo... «Andiamo con ordine. Prima di tutto diciamo che veniamo sul campo di Pistoia, capolista con merito. Poi rompiano l’ipocrisia che noi siamo forti. Diciamo che stiamo giocando bene ma anche che siamo una neopromossa che ha fatto scelte coraggiose sui alcuni giocatori. Penso che sarà una sfida tra due squadre che giocano un basket di alto livello». Però è vero che puntate in alto? «Vogliamo far bene, non ci nascondiamo. Vorremmo diventare la squadra che gioca meglio, costruendo i risultati con i fatti, con sacrificio e non con presunzione. Dopo la prima gara, il mio compito è stato estraniare la squadra da tutto ciò che non è il campo. Al resto ci pensa la società». Pistoia è una squadra corta ma finora apparsa molto organizzata... «L’esser corta è allo stesso tempo un difetto e un pregio. Ora per Pistoia è un pregio perché tutti sentono molta responsabilità in campo. In più stimo molto Moretti che è un bravo allenatore. La gara di domenica è difficile da leggere, io penso che sarà importante cercare di guidarla dall’inizio perché le squadre in questo momento non sono pronte a sterzarla in corso». Ultima domanda. Quanto è cambiato il basket in questi anni? «Siamo di fronte a una nuova tipologia di giocatori a cui va insegnata la capacità di soffrire per raggiungere qualcosa. Sul campo il basket è sempre più atletico che tecnico».
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