| bob lauriski |
| | CITAZIONE (hustlazz @ 30/1/2008, 13:53) io di quello che propone obama nella sua campagna elettorale non so neanche una virgola. so che epidermicamente mi sta simpatico ma prima di affermare che mi piacerebbe un obama anche in italia vorrei sapere, appunto, quello che propone. Più che giusto. Io neanche a dire il vero so quello che propone, ma non so neanche che proongono Hilary e tutti i candidati repubblicani. So però che Hillary è la continuazione di Bill (infatti si presenta con il cognome del marito) e ho letto un pò delle storie dei vari candidati. Si va dall'eroe di guerra McCain (e grande ammiratore di Reagan) il cui punto debole sembra solo essere l'età, al mormone Romney al predicatore Huckabee (che non voterei mai). Obama come ha ben impresso in tutti i suoi cartelli rappresenta il CHANGE. Già il fatto di essere nero e figlio di un economista del Kenia (e di una bianca) fa di lui un soggetto nuovo, fuori dai soliti schemi fatti di candidati provenienti da ricche famiglie e dinastie americane. Inoltre proprio questa sua vicinanza al continente africano (e alla religione mussulmana) può significare molto per un futuro diverso. Comunque in rete ho trovato questo x chiarirci meglio il personaggio. Già il titolo mi soddisfa assai. Barack Obama è di destra?di Erik Marangoni - 30 giugno 2007
È un senatore dell'Illinois, iscritto al partito democratico, è di colore, (il padre è immigrato dal Kenia e nel paese africano ha ancora diversi parenti), è cresciuto frequentando scuole islamiche radicali in Indonesia prima del definitivo approdo negli Stati Uniti. Barack Obama, uno dei tre candidati del Partito Democratico per le elezioni presidenziali del 2008, sembra avere le qualità necessarie per distinguersi da quelli che sono gli stereotipi dei candidati repubblicani, che negli Stati Uniti vengono spesso identificati con l'acronimo WASP (bianco, anglosassone e protestante). Ciò naturalmente ha sollevato negli Stati Uniti e nell'opinione pubblica mondiale un'ondata di simpatia nei confronti di colui che potrebbe diventare il primo presidente afro-americano della storia degli Stati Uniti d'America e, da parte sua, Barack Obama non perde occasione per sottolineare le profonde differenze che lo distinguono dall'attuale presidente in carica. Ma è davvero proprio cosi?
Il sito www.foreignaffairs.org, collegato ad uno dei più prestigiosi think-tank americani, ha recentemente pubblicato un saggio del candidato democratico che ne illustra la visione strategica in materia di politica estera. Nel documento vengono toccati i principali temi all'ordine del giorno, dalla lotta al terrorismo, alla guerra in Iraq e Afganistan, dal ruolo della Cina e della Nato, al tema del riscaldamento globale, il tutto condito da una sana dose di retorica che dovrebbe, nelle intenzioni di Obama, vincere i cuori degli americani e costruire una nuova fiducia del mondo nei confronti degli Stati Uniti d'America. Il documento di Obama Barack ha sollevato diversi dubbi presso analisti e politologi, al punto che più di uno si è chiesto se il senatore dell'Illinois fosse davvero schierato con il Partito Democratico e non avesse invece deciso di candidarsi con i rivali Repubblicani. In effetti, a parte il richiamo a figure «sacre» per i democratici, come Kennedy, Roosevelt e Truman e alla necessità per gli Stati Uniti di recuperare credibilità attraverso una politica estera «condivisa», tutte cose particolarmente sentite dall'elettore democratico, quando si tratta di affrontare temi concreti, le idee di Barack Obama non sembrano poi tanto diverse da quelle di George W. Bush. Cosi, quando si parla di Iraq, pur deplorando la decisione di invadere il paese, Barack Obama si dice convinto che la strada migliore per riportare la pace passi per il ritiro (graduale) delle truppe americane, accompagnato da un'azione diplomatica volta a ricostituire la vita civile e a ridurre le sofferenze della popolazione civile. In ogni caso, dice Obama, il suo governo non cercherà di installare basi militari in Iraq ma, aggiunge, lascerà un piccolo contingente militare per proteggere il personale americano, addestrare le forze di sicurezza irachene e combattere contro al-Qaeda.
Palestina/Israele. Barack Obama dichiara il suo interesse per una definitiva soluzione della palestinese, accusando Bush di aver trascurato per troppo tempo il problema. Si dichiara favorevole alla soluzione dei due stati ma il primo obiettivo da conseguire è la sicurezza di Israele. Sul versante palestinese, l'impegno americano sarà rivolto a isolare quanti cercano conflitto e instabilità e rafforzare, invece, coloro che sono seriamente impegnati per la ricerca di una soluzione. Esattamente quanto sta accadendo in questi giorni con l'appoggio americano e israeliano a Fatah, contro i radicali di Hamas.
Sul tema del nucleare iraniano, la posizione di Obama è a dir poco sorprendente. Pur riconoscendo la necessità di avere contatti diretti con il regime degli ayatollah (ricordiamo che recentemente si sono tenuti dei colloqui tra Stati Uniti e Iran sul tema dell'Iraq), non esclude, anzi, ribadisce per ben due volte la possibilità di ricorrere all'uso della forza militare per eliminare la minaccia nucleare. Allo stesso modo, diplomazia e «pressioni» (economiche e militari) verranno impiegate per costringere la Siria ad un atteggiamento più moderato. Un atteggiamento di fermezza Obama lo richiede anche nei confronti dell'Afganistan, dove la lotta contro i talebani passerà attraverso il rafforzamento dei contingenti militari europei, anche se non viene naturalmente spiegato come verranno convinti i pavidi governanti del Vecchio Continente ad aumentare le proprie truppe.
Sul tema del riscaldamento globale, Obama adotta una posizione più morbide e si dichiara convinto della necessità di contribuire a ridurre le emissioni di gas industriali e di limitare l'utilizzo di combustibili fossili a favore di fonti alternative di energia. Tuttavia, quasi a tranquillizzare i businessmen americani, afferma che lo sviluppo del mercato dei combustibili naturali rappresenterà la nuova frontiera della ricchezza, stimato nell'ordine dei 500 miliardi di dollari annui.
Insomma, un manifesto programmatico decisamente «ambiguo» per il candidato democratico Obama Barack, che rischia di provocare diversi mal di pancia soprattutto nell'elettorato democratico. D'altra parte, se l'origine e il background culturale del candidato presidente risultano ben accetti presso i circoli liberal della sinistra americana, di certo non lo sono certe sue posizioni radicali in tema, per esempio, di Iraq, Iran e Siria, oppure sull'uso della forza militare, che Obama ha affermato di voler utilizzare, anche unilateralmente, ogni volta che cittadini e interessi americani vengono colpiti o minacciati in qualsiasi parte del mondo. Un'affermazione che fa a pugni con le tendenze «multilateraliste» dei compagni di partito di Obama e che potrebbe costargli cara in vista della battaglia per la nomination presidenziale.
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