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UNDER 15 ECCELLENZA 2017-2018

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Stid
view post Posted on 4/6/2018, 11:49 by: Stid




Pensare ad un utilizzo della zona in U15, è come ammettere che il fine deve prevalere su ogni altra considerazione. Intendiamoci, io credo che la zona sia null’altro che una tattica difensiva e che, in quanto tattica, legittima e legale, sia meritevole d’uso e d'insegnamento. Se bene compresa e praticata è anche spettacolare. Richiede grande concentrazione, organizzazione del gruppo, comprensione degli spazi, letture delle linee di passaggio e grande preparazione finisca, perché, a dispetto di quella praticata al parchetto dagli over 40, nella zona si corre ed anche parecchio. Al pari, per attaccare la zona ci voglio tante strategie quante sono le sue varianti, anzi di più. Ed allora, anche un attacco alla zona diviene occasione di spettacolo. Per contro, perché tutto ciò accada è necessario una grande preparazione tecnica individuale, attesa nelle gategorie U18 e u20, dove, allora sì, la zona e la uomo possono dare della difesa una dimensione completa ed fare vivere un’esperienza unica. A 14 anni, credo che sia auspicabile correggere i difetti che esistono nella difesa individuale (posizione senza palla, anticipo sulla partenza dell’avversario, uso delle braccia, pressione sulla palla, …) e incominciare a costruire le basi per la comprensione degli aiuti e delle collaborazioni.
In sintesi, per rispondere a “MrSpock”, è vero … le squadre lombarde sono messe in crisi dalla difesa a zona, ad ogni età ed in ogni categoria. Credo che la causa non sia “la zona”, ma il fatto che la maggior parte degli allenatori delle giovanili non la conosce (perché la disprezza), non la insegna e (non conoscendola) comunque non la saprebbe insegnare. Di conseguenza, non la sa attaccare (perché qualsiasi strategia di attacco possa funzionare, deve essere necessariamente provata contro una difesa eccellente. Altrimenti, tutto funziona, ma solo in casa)
L’evidenza che mi è parsa più significativa è che anche l’eccellenza del movimento, rappresentata dalle squadre che hanno avuto accesso alle finali nazionali, presenta due o tre elementi di valore (ci mancherebbe) a cui la squadra serve il gioco. Questo è terribile.
L’imperativo è fare crescere tutti i 16/18 ragazzi che si hanno in squadra. Il metro di giudizio sul valore del coach non dovrebbe essere la vittoria ma il fatto che si abbia minuti di gioco per tutti i ragazzi in panchina, punti equamente distribuiti e gioco corale. Ho avuto occasione di essere presente ad un incontro che ha visto la partecipazione di coach NCAA e di rappresentanti delle principali high school del Paese, dove quello che mi ha colpito è stata la risposta di Jay Wright ad un coach di high school che lamentava la povertà di talenti e la necessità di concentrare le risorse sui pochi “buoni”. Wright, sobbalzato sulla sua sedia e puntato il dito dritto sul naso del collega, gli ha urlato: “ … se tu non sei in grado di migliorare la capacità di ogni tuo ragazzo e consentirgli di stare in campo 3/5’, dandogli occasioni di tiro e di difesa, hai sbagliato. Se non sei in grado di portare in campo una squadra capace di generare pericolo diffuso, hai sbagliato. Se pensi che non sia il gioco, ma la capacità individuale di un tuo ragazzo a garantire la vittoria, hai sbagliato. Con tutti questi errori, non dovresti sederti su di una panchina. Non tanto per rispetto del contrato che ti lega alla tua Scuola, ma per il rispetto che devi ai tuoi giocatori!”. Personalmente, mi sento di dare un piccolo consiglio a tutti coloro che dovranno confermare il vincolo sportivo che, nel bene o nel male, li legherà alle scelte della Società sportiva. Se l’allenatore fa giocare i suoi cinque (di solito ami più di tre) migliori giocatori il più possibile, se difende con una serrata zona, se allunga il pressing a tutto campo, se non permette ai ragazzi di praticare diversi sport, se intimidisce i giovani arbitri, se permette solo ai propri migliori giocatori di gestire la palla e tirare, se costringe i giocatori più alti a giocare solo in post e se fa eseguire schemi offensivi in attacco, lasciate il campo, allora non è cosa per il vostro ragazzo.
Osservate un allenamento e se rilevate che non vi è un’abitudine a cercare di correggere gli errori, se il lavoro si concentra su due o tre ragazzi, se non si ha tempo per tutti, se non si lavora sulla tecnica, se si concede troppo “contatto”, se la malaparola è una pratica, allora non è cosa per il vostro ragazzo.
Di questo andazzo, ne siamo però tutti un poco responsabili laddove crediamo che tutto sia inevitabile, perché faccia parte del gioco. Personalmente, credo che si debba resistere all’idea che certe comportamenti siano inevitabili perché lo sport è diventato questo. Oggi, la fortuna di un allenatore di giovanili è data dalla sua capacità di vincere, mentre questa dovrebbe essere data dalla sua capacità di costruire giocatori, pur continuando a sforzarsi per vincere. E’ indubbio che vincere aumenta l’autostima e la sicurezza, ma vincere non significa essere i migliori. Il bello dello sport è che si può essere i migliori in una determinata partita o in un campionato, ma alla prossima partita ed al prossimo campionato tutto ricomincia da zero, quando, nelle situazioni di ogni giorno, i punti persi o i punti vinti te li porti dietro per tutta la vita.
Se non cambia questo comune modo d’intendere, avremo tanti talenti, ma pochi risultati, qualsiasi sia la categoria di gioco a cui si voglia fare riferimento.
Se Tony D’Amato, coach degli Sharks in “Ogni maledetta domenica" (con regia dell'ottimo Oliver Stone) ammoniva i suo ragazzi che la vittoria si misura un centimetro alla volta, l’intelligenza di un genitore si misura nei centimetri di distanza che sa mettere tra suo figlio e le persone che non meritano la sua attenzione.

nota: “Quando migliori un po' ogni giorno, alla fine succedono grandi cose. Quando migliori un po' la tua forma fisica ogni giorno, alla fine ottieni un gran miglioramento nella tua forma fisica. Non domani, né il giorno dopo, ma alla fine hai fatto un notevole progresso. Non bisogna cercare miglioramenti rapidi e spettacolari, bensì miglioramenti piccoli, giorno per giorno. Questa è l'unica strada per ottenere dei miglioramenti che durino nel tempo.” (John Wooden, UCLA Ncaa uno dei migliori allenatori della storia della pallacanestro universitaria americana)

Edited by Stid - 4/6/2018, 13:22
 
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