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MIGOLD 2 - Classificazione 2a fase, analisi tecniche

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Stid
view post Posted on 29/1/2016, 17:08 by: Stid




In questo ultimo anno ho avuto occasione di vedere diverse partite giocate da ogni categoria di squadre dell'Olimpia. Posso confermare che l'Olimpia si mostra indifferente al gioco dell'avversario. Entra in campo e cerca di fare il suo gioco, con i suoi ritmi ed i suoi tempi, avendo come ultimo limite di riferimento il fischio finale. Di fatto, sembra intendere che, inevitabilmente, l'avversario commetterà errori, avrà un calo di concentrazione o manifesterà una impreparazione atletica e, quindi, lascerà punti lungo il suo cammino. L'Olimpia, per contro, cerca la conferma della perfomance, ossia di mantenere costante il suo livello di gioco, riducendo al minimo l'errore, perché, statisticamente, al temine dei 40 minuti questo paga. Naturalmente, per l'Olimpia questa tattica può funzionare sia perché perché può contare su ragazzi che, più o meno, si equivalgono tecnicamente e fisicamente, sia perché, in generale, si tratta comunque di buoni cestisti. Invero, questo accade più marcatamente nelle categorie dei piccoli. Già dall'under 16, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare e gli equilibri di squadra saltano, lasciando maggiore spazio alle individualità, col tacito consenso della panchina. A volte funziona, a volte no.
In generale, però, mi trovo d'accordo nel riconoscere che il gruppo porta a casa i campionati ( “con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati”, Michael Jordan). E' innegabile che con il lavoro del gruppo si può colmare un deficit individualità e che senza la squadra non si fa nulla. In uno sport di squadra, l'essenza del gioco è espressa la tattica, mentre la tecnica è solamente lo strumento. Lo stesso campione può trarre i maggiori benefici personali giocando insieme a compagni che nascondano i suoi difetti ed esaltino invece i suoi pregi. Questo vale anche in quegli sport di squadra fondati sull'eccellenza del singolo. Per intenderci, senza i gregari, nessun campione del ciclismo potrebbe arrivare alla vittoria.
Inoltre, fondare il proprio gioco sulla squadra e non sulle doti del singolo, genera nell'atleta, per quanto paradossale possa sembrare, una maggiore percezione di autonomia delle proprie azioni, che sono per se stesso e per nessun altro (la cosiddetta motivazione intrinseca) e che favoriscono lo sviluppo di una buona resilienza ai fattori esterni, quali possono essere la presenza di un pubblico ostile o di allenatori detrattori. Mentre l'individualità trova la sua forza esclusivamente su motivazioni personali, non ultima la vittoria, la squadra trova la sua naturale motivazione nel mantenimento dello status di vincente, attraverso la manifestazione della propria forza e questo fattore sicuramente è un grande propulsore: chi vince, ottiene in cambio una maggiore consapevolezza della propria forza, in un circolo che si autoalimenta. Anche nel gioco di squadra, l'individualità può emergere e la stessa crescita tecnica e tattica delle unicità individuali dipende fortemente dalla grandezza del gruppo di cui si fa parte (ndr. liberamente tratto dal pensiero di Pep Guardiola, interrogato su quale fosse la relazione esistente tra Messi ed il Barcellona nei successi del Club catalano). In ragione di quanto detto, anch'io punto sul gruppo, tanto meglio se ricco di talento e di eccellenza. La squadra dotata di uno o due campioni e tanti gregari può contare nel colpo vincente sulla partita secca, ma rimarrà sempre più condizionata dall'evoluzione degli eventi, se non strettamente dipendente dalla condizione più o meno felice delle proprie stelle. Un azzardo, dal punto di vista statistico. Proprio su questo tema, tra i tifosi dell'Olimpia (indagine invero ristretta tra chi bazzica la secondaria del Lido) si dibatte la questione del “con” o “senza” Gentile, sempre meno inserito nel gioco di squadra.
Diversa, poi, è la questione della tattica. Il gioco delle giovanili dell'Olimpia non è, per me, particolarmente appassionante. Io amo gli allenatori che incasinano il gioco degli avversari. Quelli che lo sanno leggere, lo digeriscono e guidano le danze, alternando diversi giochi sia in attacco sia in difesa, e che, magari, con la mossa giusta guadagnano il punto necessario per la vittoria solo all'ultimo secondo. I ragazzi si divertono, le eccellenze emergono, i cervelli lavorano.
Però, mi piacerebbe condividere la tua idea di filosofia vincente. Hai citato, in un tuo precedente post, il film dal titolo “L'arte di vincere” (tra l'altro un gran, gran bel film! Ho detto che è un gran bel film? oltre che si tratta di una storia incredibile) e, tra la pausa di una partita e l'altra, sarebbe anche interessante chiacchierare su quanto il rilievo statistico (quello tecnico e specialistico: http://www.fip.it/public/41/6017/raffaele%...llacanestro.pdf) potrebbe aiutare l'allenatore a comprendere quali siano i luoghi su cui lavorare, per il bene dei ragazzi. Oggi, per i più, i dati di performance di un ragazzo derivano dalla lettura dei referti di gara e, su questo presupposto, spesso si decidono i talenti. Certo, il basket è solo un gioco. Non ci si deve ragionare troppo, ma non bisogna dimenticare che siamo l'unica specie intelligente, per la quale si deve scrivere sulle etichette che i detersivi non sono da bere.

nota: mi sono permesso di "ripostare" in altro luogo un tuo recente bellissimo scritto
 
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383 replies since 14/1/2016, 18:11   32292 views
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