Caielli sempre peggio.
CITAZIONE
Costruiamo Ponti sul futuro
Il bene e il nome di Varese vengono prima di tutto. Noi stiamo con chi li garantisce. Ieri, oggi e sempre
Qui non è questione di schierarsi da un parte o dall’altra, ammesso che ci sia una parte da cui schierarsi. Già: perché noi da quando siamo nati stiamo sempre dalla stessa parte: quella della Pallacanestro Varese.
Abbiamo vissuto tutto quello che c’era da vivere: retrocessioni, promozioni, scudetti sfiorati, presidenti, dirigenti, giocatori (forti, scarsi, mezzi fenomeni) e persone alle quali siamo rimasti affezionati. Non abbiamo mai avuto alcun problema a prendere posizioni nette, controvento, scomode: e quando abbiamo sbagliato (è successo, eccome se è successo) l’abbiamo sempre fatto per il troppo amore che abbiamo verso Varese. Quindi, veniamo all’oggi. C’è qualcuno interessato alla Pallacanestro Varese: questa è già di per sé una notizia meravigliosa e inaspettata, in un mondo in cui le società che muoiono sono sempre più di quelle che ce la fanno. La nostra società (che è nostra, sia chiaro: nostra in quanto varesini) piace e attira. E chi dice “senza di noi Varese muore”, dice una cosa non vera.
Ma basta girarci attorno: veniamo al dunque. C’è la lettera di Gianfranco Ponti: l’abbiamo letta e riletta, e ci siamo fatti un’idea. Nulla da dire: i nuovi investitori sono entrati a gamba tesa. Criticando apertamente gli attuali dirigenti della pallacanestro Varese, rinfacciando a chi di dovere la cacciata di Vescovi (ohibò, ma non erano dimissioni irrevocabili?), parlando di buchi da coprire e uscendo senza problemi sulla stampa locale (cosa ci sarà di male, poi, chissà). Però lì dentro, in quella lettera, ci sono due o tre cose che ci hanno catturato: al di là di come andrà a finire. Perché per la prima volta abbiamo sentito parlare di settore giovanile come qualcosa su cui investire al di là di un ritorno economico che, si sa, è quel che è.
Un settore giovanile visto come una missione, come un serbatoio da cui tirare fuori ragazzi a cui offrire qualcosa di più di un semplice “ti alleni con la prima squadra”, come una realtà da far tornare punto di riferimento (noi non vogliamo giocatori di Varese, chissenefrega: noi vogliamo giocatori usciti dal nostro settore giovanile, siano italiani, slavi o russi). Abbiamo sentito parlare di ambizione, diavolo: primi quattro posti, Europa. Suvvia: facciamo sognare questa gente, senza necessariamente raccontargli delle balle. Perché chi cita in continuazione Vescovi, fautore della gestione oculata e del “mai un passo più lungo della gamba” non può poi vendere fumo alle persone.
E poi, abbiamo fatto il nostro mestiere: delle telefonate. Non sappiamo come andrà a finire, ma una cosa la sappiamo: Ponti non è il Cassarà del basket. La sua storia personale parla per lui, così come intrigano i progetti che ha per il futuro. La gente del consorzio, a cui sempre saremo grati, non è obbligata a dirgli di sì: ci mancherebbe. A Castelli e ai suoi, però, chiediamo solo una cosa. Fate quello che nel nostro piccolo abbiamo provato a fare noi negli ultimi dieci anni: mettete il bene della Pallacanestro Varese davanti a ogni cosa (davanti a tutto). Fatelo, e fatelo davvero: sarà impossibile sbagliare.