| La mostra ricordo del mito Meneghin
Abbracciato dagli amici d'infanzia prima ancora che attorniato dalle autoritá locali, Dino Meneghin ha inaugurato ieri nel paese natale dei genitori e dove ᨠcresciuto la prima mostra-ricordo di una carriera inimitabile. Rimarrá aperta sino al 16 luglio.
- Meneghin, perchᨠquesta mostra?
«L'idea ᨠvenuta a Massimo Solfa, uno degli amici piú cari di Domegge, per festeggiare il decimo anno del camp per minicestisti che tengo in Cadore con Rino Flaborea, mio fratello maggiore nella grande Ignis, e Osvaldo Gagliardini. A casa sparso fra borse, cassetti e mensole avevo un sacco di materiale, 35 anni di basket da giocatore e dirigente: tutto raccolto e ordinato con l'aiuto insostituibile del mio socio Nicola Tolomen. Mi ᨠsembrata l'occasione giusta. Mi piace poi che si abbini anche al torneo Under 20 intitolato a mio padre Bepi: ne sarebbe stato felice perchᨠlui amava il basket giovanile quasi piú che quello di vertice.»
- Come si snoda il percorso fra i ricordi?
«Il primo pannello ᨠpraticamente un album di famiglia: dal mio faccino a otto mesi alle immagini di famiglia cadorina. La prima foto di basket vale quasi un presagio: un duello fra me ed il povero, grandissimo Creso Cosic da quindicenni, in un Italia-Jugoslavia a Porto S.Giorgio. Di strada, anzi di parquet, da allora ne abbiamo fatti entrambi. Allora eravamo magrissimi, muscoli pochi o niente (guardate le gambe di Creso) ma entusiasmo da vendere.»
- Per non parlare della qualitá , del talento. Questo l'inizio, la fine?
«La partita d'addio, quel Trieste-Varese contro mio figlio Andrea, l'ingresso nella Hall of Fame, le medaglie azzurre da team manager.»
- Tante maglie, anche di avversari: la piú cara?
«Quella dell'Ignis del primo scudetto. Sono passati piú di cinque lustri e quel gialloblu mi sembra ancora piú luccicante di allora.»
- Cosa ti porteresti su un'isola deserta? Una maglia, una coppa ed una medaglia.
«Tutte quello legato al primo scudetto ed alla prima Coppa Europa: quando vinci qualcosa di tanto importante per la prima volta, il resto ti pare un seguito. Splendido ma mai dal sapore uguale.»
- Cosa significa oggi Domegge per il Meneghin da decenni lombardo?
«Intanto la casa dei nonni, di Maddalena e Augusto. L'odore della cucina e delle malghe, il profumo dell'erba e dei boschi, la stanchezza sorridente di camminate di ore a cercare funghi riempiendo la gerla alta un metro e mezzo. Come quella volta ai Ronce, un alpeggio magico dove nonno aveva un fienile: partiti alle 5 di mattina con le ceste piene di panini per pranzo e cena, dovevamo tornare a sera tardi: rientrammo invece giá a mezzogiorno, carichi di "ombrelle" e naturalmente giá spuntinati alla grande. ሠcasa mia anche oggi: gli amici di ieri sono quasi fratelli oggi, come "Pane" e "Rolle" Da Deppo che mi venivano puntualmente a vedere sui palazzetti di Veneto e Friuli partendo ben in anticipo non per trovare il posto migliore in tribuna ma su una delle innumerevoli Strade del Vino, nel Veronese come nel Collio.»
- Hai radici anche friulane...
«Mia mamma era udinese, una Nigris. Viveva in centro, in via Giovanni da Udine, una delle pochissime strade mi dicono ancora oggi ciotolate. La sua casa dava sulla caserma dei carabinieri di via Gemona: erano tre sorelle alle finestre. Papá si innamorá² di Maddalena e da buon carabiniere non se la fece sfuggire.»
- Facendo proprio leva sulla parte di sangue friulano, Manlio Cescutti cercá² di convincerti a venire a Udine a farti le ossa...
«Non so come riuscirono a trovare il numero di telefono di mio nonno proprio mentre ero lᬠcon i genitori. Rino Snaidero in persona chiamá² papá invitandoci tutti a pranzo a casa sua. Ricordo ancora che nonno Redento fu piú elegante del solito: nel tempo libero vestiva sempre con giacca e cravatta. Grande uomo, impeccabile nel portamento e nella personalitá . Riparava radiatori, aveva l'officina sotto casa. Spesso lo aiutavo tagliando le listarelle di stagno per le saldature: per premio mi portava a bere l'aperitivo in via Mercatovecchio, nelle osterie dove si concedeva qualche partita a briscola. Comunque nonostante la corte del club friulano, rimasi a Varese: al Carnera giocai solo da avversario.»
- Scudetto vinto alla moviola: cosa ne pensi?
«Fantastico: i 12mila del Forum non hanno fatto una piega perchᨠnon hanno deciso gli arbitri, fallibili e criticabili come tutti gli esseri umani, ma una macchina. Un verdetto freddo ma inequivocabile. Anche nelle altre occasioni l'Istant Reply ha sedato sul nascere ogni contestazione: andrebbe benedetto. Stavolta a Milano ᨠandata male, perchᨠgli arbitri in un primo momento avevano annullato la tripla di Douglas. Ma una decina di anni fa noi vincemmo il titolo a Livorno in una situazione simile e forse rovesciabile da una moviola di quei tempi. Allora finᬠcon l'assedio agli spogliatoi dei poveri arbitri...»
- Per qualcuno lo scudetto l'ha innanzitutto gettato via Siena.
«Forse. L'operazione Myers, su cui credevo, non ᨠstata digerita dal gruppo. La mancata qualificazione alle Final Four di Eurolega ᨠstata un campanello d'allarme. Ma il crollo vero ᨠdovuto agli infortuni durante i playoff: troppi in un colpo solo. Specie Zukauskas, Vanterpool e soprattutto Chiacig, importantissimo sottocanestro.»
- Uno dei pochi azzurri ad aver disputato una buona stagione...
«Le Olimpiadi si pagano, non c'ᨠstoria. A differenza di Mondiali ed Europei che li vivi fra palestra e albergo, ai Giochi la permanenza al Villaggio ti obbliga a code e perdite di tempo ovunque: agli ingressi, al ristorante, nei trasferimenti. Per non contare l'atmosfera che da una parte ᨠquanto di piú attraente ed unico tu possa immaginare, ma che dall'altra ti impedisce riposo e concentrazione. Tutte cose che pagano anche veterani come Galanda, qust'anno in annata completamente no. Anche Basile ha giocato in modo alterno: per fortuna sua e della Fortitudo ᨠtornato il vero Baso proprio in finale.»- Sorpreso dal crollo di Treviso?
«Molto perchᨠsenza spiegazioni forti come quelle di Siena. Bulleri si ᨠafflosciato di colpo ma anche lui non mi sembra abbia brillato molto durante il campionato. Quanto a Marconato mi ripeto: ᨠtroppo buono, si accontenta delle poche palle che gli danno. Dovrebbe invece ribellarsi, prendere il regista per il coppino e pretendere piú servizi: ha una mano ottima e deve obbligare il suo rivale a lavorare in difesa come lui ᨠcostretto sempre a fare. Comunque alla Benetton ᨠsuccesso pari pari quello accaduta alla mia Turisanda Varese nel '79: dominato la stagione con sei punti di vantaggio e poi battuti 2-0 ai playoff dalla Virtus Bologna allenata da Driscoll. Capita!»
- Al torneo internazionale intitolato a tuo padre si ᨠammirata una Under 20 azzurra ricca di buoni giocatori, a parte Bargnani, che ᨠsuper. Anche il campionato ha finalmente espresso diversi giovani di qualitá come il romano della Benetton, Mancinelli, Belinelli e Gigli. Siamo alla fine del tunnel?
«Mi capita raramente di non essere d'accordo con Recalcati: sul futuro della nazionale lo sono stato e sono felice che il mio ottimismo sia stato ripagato. La nostra scuola non arriverá ai vertici di Usa e "vecchia Jugoslavia" ma produce ancora qualcosa di buono. Ventenni come Belinelli ormai incidono in una finale scudetto ed il merito ᨠunicamente loro: non giocano per una norma autarchica ma solo perchᨠlo meritano. Come accade in tutti i campi della vita e del lavoro, giustamente. Ma qualcosa sta cambiando anche nella testa dei ragazzi, della gioventú. Rino Flaborea mi assicura che i dodicenni che vengono ai nostri camp non cercano piú solo il divertimento e la partita come anni fa ma si impegnano molto piú di prima nell'apprendimento dei fondamentali, della tecnica di palleggio e tiro. Cose noiose, se vogliamo, e soprattutto difficili. Ma indispensabili per migliorare. I campioni europei e sudamericani della Nba hanno confermato che una tecnica superiore costruita in allenamento vale spesso molto piú di un fisico regalato dalla natura. Che lo capiscano giá cosᬠgiovani, ᨠun segnale splendido
Edited by EUROSETO - 21/6/2005, 12:18
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