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G8, incursione alla Diaz: poliziotto ammette gravi violenze

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stinko di santo
view post Posted on 18/6/2007, 23:43




Non mi stancherò mai di ripetere che la gente che fa la guerriglia non c'entra niente col social forum. Capire questo sarebbe un grande passo in avanti.
 
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Tricolore91
view post Posted on 19/6/2007, 08:07




CITAZIONE (stinko di santo @ 19/6/2007, 00:43)
Non mi stancherò mai di ripetere che la gente che fa la guerriglia non c'entra niente col social forum. Capire questo sarebbe un grande passo in avanti.

Hai ragione.
Però qualcosa non torna.
Perchè non c'è stata mai una denuncia alla magistratura da parte dei manifestanti nei confronti dei violenti?
Perchè nessun pacifista ha mai fatto foto e video dei violenti allo scopo di aiutare le forze dell'ordine nel perseguire i reati?
Il clima che si respirava era di sottile ma percepibile appoggio morale per chi spaccava le vetrine dei negozi ed aggrediva i poliziotti, è inutile negarlo. Non ho mai sentito Agnoletto usare parole di ODIO -COME INVECE HA FATTO NEI CONFRONTI DEGLI UOMINI E DELLE DONNE DELLA POLIZIA- nei confronti dei manifestanti violenti.
PERCHE'?
Un esame di coscienza ed una sana autocritica nel c.d. "social forum" sarebbe a dir poco necessario, ma stiamo ancora aspettando.
 
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The PLayeR!
view post Posted on 19/6/2007, 08:28




allora và chiarito un pò il concetto..


questo per quanto riguarda i black blocs
SPOILER (click to view)
Chi intende sondare il mistero che circonda i BB, scopre in breve che tale mistero esiste solo nella menzogna dei confusionisti interessati: al riguardo, decine di testimonianze, analisi ed articoli, sono da tempo disponibili su Internet, riviste, libri.
La rivista belga Alternative Libertaire illustrava, ad esempio, già nell’ottobre 2000, come sul tema circolassero equivoci e falsificazioni in quantità. Recentemente, il Circolo Freccia Nera di Bergamo (CP 15, 24040 Bonate Sotto, BG) ha pubblicato un’interessante antologia di materiali in gran parte pescati sui siti infoshop.org, ainfos.ca, indymedia, ecn.org, radiogap e tactitalmedia.
Innanzi tutto è sbagliato dire Black Bloc, si dovrebbe dire Black Blocs, al plurale, perché non è mai esistito un singolo gruppo con questa etichetta, bensì una vasta costellazione di persone, organizzazioni e collettivi genericamente appartenenti all’area libertaria e che rivendicano una pratica radicale.
Quindi non si è del Black Bloc, ma si fa un Black Bloc. E infatti sono proprio le azioni, che si distinguono sempre per l’alto grado di combattività, fluidità e solidarietà, a rendere i BB visibili e singolari. L’uso di maschere e passamontagna vale a mantenerli anonimi, proteggendoli dalla repressione. «Non è romanticismo», spiega un loro documento, «il Grande Fratello ci osserva!». Dopo Genova, l’indagine giudiziaria sui tatuaggi visibili nei filmati, per incriminare qualcuno fra gli arrestati, indica che la precauzione non è affatto superflua.
La loro prima apparizione pubblica risale a una decina di anni fa, negli Stati Uniti, quando centinaia di individui mascherati si scontrarono con la polizia in occasione delle manifestazioni contro la guerra del Golfo. Presenti alla marcia "Millions for Mumia" dell'aprile 1999 a Filadelfia, conquistarono l’attenzione internazionale a Seattle (30 novembre/2 dicembre 1999), dove, fra l’altro, misero a segno delle azioni spettacolari contro compagnie multinazionali già da tempo oggetto di boicottaggio, come McDonald's e Nike, banche, supermercati e negozi di lusso. Già allora, alcuni dirigenti di Ong (in quel caso Global Exchange e Public Citizen) organizzarono una catena umana per proteggere tali negozi, arrivando al punto di invocare l’intervento della polizia contro gli «anarchici distruttori», esattamente come poi successe a Genova,
Altri denunciarono le solite infiltrazioni. I BB furono tuttavia difesi da alcuni conosciuti ricercatori universitari del gruppo WIN: «non emarginiamo questo movimento», diceva un loro documento diffuso si internet il 2 dicembre 1999.
Poi, il 16 e 17 aprile 2000, migliaia di persone manifestarono a Washington, contro una riunione della Banca Mondiale e del FMI. Qui un BB di circa 1000 persone adottò una nuova tattica: invece di attaccare la proprietà concentrò i propri sforzi sulla polizia forzando sbarramenti, facendola arretrare, e riuscendo a liberare alcune persone arrestate (un obiettivo meritevole della massima cura, forse trascurato troppo nelle giornate di Genova).
Seguirono altre apparizioni nel corso delle Convenzioni del Partito Repubblicano a Filadelfia (1/2 agosto 2000), e di quello Democratico a Los Angeles (14/17 agosto). In quest’occasione i BB furono anche protagonisti di interessanti manifestazioni tra cui un esperimento di teatro di strada chiamato gioiosamente clown bloc. Un’altra volta, per irridere quei giornalisti che li avevano definiti trash (spazzatura), assunto il controllo di un’area urbana mediante l’erezione di barricate, organizzarono precisamente la raccolta della spazzatura…
Secondo numerose testimonianze, i BB cercarono, in tutte queste circostanze, di rispettare quanto più possibile la volontà dei manifestanti pacifici, e di agire anzi come scudo protettivo tra il grosso della manifestazione e la polizia.
In Europa la pratica dei BB trovava un antecedente, e probabilmente le sue radici originarie, nei gruppi autonomi tedeschi degli anni settanta e ottanta: dopo Seattle, allorché il movimento traversò l’Atlantico, si produsse un inevitabile effetto di reciproca contaminazione. Da quel momento, in tutto il mondo (a Praga, a Melbourne, a Londra, a Nizza, a Quebec, a Davos e a Goteborg), le proteste furono fortemente influenzate dalle tattiche dei BB americani.
In particolare a Quebec City, non solo i BB, demonizzati appena due anni prima a Seattle, ricevettero l’applauso della popolazione locale mentre attraversavano l’Esplanade des Ameriques Françaises, ma tutti i manifestanti presero spunto dalle loro tecniche, nell’assalto al muro della vergogna - un piccolo assaggio di ciò che si sarebbe visto a Genova – che fu poi distrutto in più punti e assediato per l’intera giornata.
A Goteborg, durante le manifestazioni di giugno, un BB di alcune centinaia di persone sfilò dietro un grande striscione che diceva Smash Capitalism. Particolare importante: anche in quest’occasione, il BB, si impegnò a rispettare le manifestazioni pacifiche.
Ciò fu reso possibile da precisi accordi fra le varie componenti del movimento, accordi che però non sempre sono realizzabili, conducendo fin da Praga (settembre 2000) alla creazione di tre distinti spezzoni, rosa (limitato alla nonviolenza rigorosa), giallo (limitato alla disubbidienza, escludendo atti offensivi), blu (senza autolimitazioni).
Giudicando la soluzione di Praga insoddisfacente, il Genoa Social Forum (GSF) – l’alleanza che si fece carico dell’organizzazione delle manifestazioni - scelse di introdurre le cosiddette piazze tematiche (Manin, Verdi, Dante, Paolo da Novi), ciascuna delle quali gestita con criteri indipendenti da diversi spezzoni del movimento. L’intento comune doveva essere quello di assediare, ed eventualmente violare, la zona rossa seguendo tattiche rigorosamente nonviolente.
Tuttavia, in un documento copiato di sana pianta dagli scritti zapatisti (senza nemmeno citarli), dei membri del GSF, le Tute Bianche, diffusero, il 20 luglio, un’incredibile dichiarazione di guerra che aveva fra gli altri destinatari il governo italiano e l’ambasciata americana seminando la confusione e introducendo una nota di ipocrisia nelle ripetute affermazioni di adesione al pacifismo.
Poiché la meta era raggiungere il traguardo mediatico di mille associazioni partecipanti, il GSF, oltre a contabilizzare ogni singola sezione di partito e di movimento, incluse anche le organizzazioni raggruppate nel Network per i Diritti Globali - ovvero i sindacati di base, Cobas, e molti Centri Sociali – le quali, se erano disposte ad agire pacificamente, non si opponevano però ad altre linee di condotta.
A ciò bisogna aggiungere che, mentre il GSF poteva trattare con il governo per garantire l’agibilità delle piazze, i BB, nemici coerenti della delega e della gerarchia, non disponevano di incaricati da spedire ai tavoli di spartizione della visibilità mediatica.
Come notava, con impressionante candore, una Tuta Bianca bolognese (lista ecn.org): «peccato che il Black Bloc, per sua stessa scelta ideologica, non abbia capi, né leader carismatici, né portavoce, e agisca esclusivamente per piccoli gruppi di affinità autorganizzati. Lorsignori sono anarchici duri e puri e provano schifo davanti a qualsivoglia figura anche solo lontanamente gerarchica».
Il risultato di tutto ciò fu che nonviolenti e BB agirono senza coordinarsi, esponendosi, tutti indistintamente, alla furia della polizia. E ancor di più che i BB, i quali facevano parte del movimento fin dal principio (in verità c’erano prima di molti membri del GSF), vennero consegnati al riflettore malevolo delle televisioni, dei poliziotti e dei calunniatori come provocatori e violenti sbucati dal nulla.
Eppure nei loro documenti – da anni disponibili in rete - non vi è traccia di una retorica della violenza; vi si trovano, al contrario, riflessioni serene e niente affatto banali sulle varie tattiche di protesta urbana e riferimenti teorici condivisi da altri, quali le Temporary Autonomous Zone (TAZ) di Hakim Bey, la critica radicale del lavoro di Bob Black, l’ecologismo municipalista di Murray Bookchin o l’anticapitalismo primitivista di John Zerzan. I BB si limitano inoltre a realizzare azioni simboliche contro le cose e non contro le persone.
No, questa non è violenza da stadio e neppure disagio esistenziale, come vorrebbe Rossanda Rossanda (Il Manifesto, 6 agosto). È una modalità di protesta criticabile finché si vuole, e qualche volta anche controproducente, ma non irrazionale né illegittima. Inoltre, nonostante le calunnie di cui continuano ad essere oggetto, al movimento contro la globalizzazione i BB hanno apportato energia, coraggio, intelligenza tattica, e una pratica antiautoritaria.
A Genova, mentre i ricercatori indefessi della visibilità televisiva lanciavano le loro farneticanti dichiarazioni di guerra e annunciavano di marciare sulla zona rossa senza esserne capaci, essi se ne allontanavano in silenzio per agire fuori portata delle forze repressive. In realtà, ciò che non si perdona loro è di avere demolito, insieme con le vetrine, anche le menzogne dei politicanti.
Travolti dagli avvenimenti, nelle ore successive alla morte di Carlo Giuliani, alcuni leader del GSF fecero circolare la voce (subito ripresa dai media) che i BB erano degli «anarchici».
E tuttavia, solo con enorme mala fede si possono identificare i Black Blocs con gli anarchici (o, a maggior ragione, con punk ed animalisti come si è tentato di fare). Un BB può essere anarchico, ma non necessariamente un anarchico condividerà le azioni dei BB. Anzi, una buona parte del movimento anarchico, non solo in Italia, ma nel mondo intero, è su posizioni rigorosamente pacifiste. Tanto è vero che, presi da uno zelo senza dubbio eccessivo, subito dopo i fatti di Genova, alcuni anarchici emisero un duro comunicato contro i BB.
Francesco Berardi, l’inaffondabile Bifo della Bologna ribelle del 1977, li definì «centinaia di psicopatici vestiti di nero che il Ministro degli Interni ha infiltrato, aizzato e utilizzato contro il movimento» e Alfio Nicotra, rappresentante del Partito della Rifondazione Comunista nel GSF, ammise di aver denunciato alla polizia, fin dal 17 luglio (prima di qualsiasi violenza, dunque) la presenza di autobus carichi di sospetti (Corriere della Sera, 29 luglio). Luca Casarini (Tute Bianche) e Vittorio Agnoletto (GSF) non furono da meno: «abbiamo le prove».
«Siete contenti di aver provocato la brutalità poliziesca? Siete contenti di avere infine un martire?» ruggì Susan George, vicepresidentessa di Attac (Association pour une Taxation des Transactions financières pou l’Aide aux Citoyens). Bernard Cassen, presidente della stessa organizzazione e inoltre direttore generale di Le Monde Diplomatique, rincarò la dose: «la complicità della polizia italiana con il Black Bloc è evidente». Il tutto in un paginone dal titolo suggestivo: Los tentáculos del terrorismo internacional dove insinuava anche l’esistenza di un Internazionale nera dei servizi segreti della quale i BB sarebbero il pezzo forte (El País, 29 luglio 01).
In perfetta consonanza, Karl Schwab, fondatore ed organizzatore del famoso World Economic Forum di Davos, dopo aver intessuto l’elogio dei manifestanti pacifici «i quali possono influenzare positivamente il mondo degli affari e i governi» aggiungeva che «purtroppo tutto ciò viene sistematicamente sabotato dalle azioni di una piccola minoranza il cui unico obiettivo è la violenza» (Liberation, 30 luglio).
Ora, è evidente che la polizia fa il suo lavoro, cercando di ottenere il massimo di informazione sui meccanismi interni dei movimenti di protesta, e di seminare nel contempo il massimo di disinformazione. Da sempre, l’infiltrazione è uno dei metodi più usati per controllare o manipolare; però, chi può dirsene immune?
A Genova è stata denunciata la presenza di infiltrati non solo tra i BB, ma anche tra le Tute Bianche (Il Secolo XIX, 1 settembre). Nulla prova che i primi siano più esposti di altri a questo pericolo: semmai, il loro strumento organizzativo, il gruppo d’affinità – fondato su una conoscenza approfondita fra tutti i partecipanti – appare il meglio indicato a contrastare infiltrazioni e strumentalizzazioni.
La colossale operazione di polizia montata prima degli scontri fa pensare ad un esperimento di low intensity war in versione metropolitana. È chiaro che il governo cercava la violenza con o senza BB. L’operazione attirò, probabilmente, anche la curiosità di un gran numero di agenti segreti, stranieri e nostrani, con l’idea, magari, di influenzare gli avvenimenti in base ai rispettivi interessi nazionali. Ma queste sono solo speculazioni.
Ciò che di sicuro accadde, è che, fin dal tardo pomeriggio di venerdì, la presenza degli infiltrati fu denunciata dalla loro stessa goffaggine, riferita dai giornalisti, filmata dagli operatori, smentita senza convinzione dai questurini.
Nei giorni successivi, gli stessi BB misero in chiaro che polizia e carabinieri, vestiti di nero e con passamontagna, avevano costituito squadre di casseur. Gli infiltrati c’erano dunque, ed erano lì soprattutto per diffondere la sensazione paralizzante che la polizia è ovunque, che non esiste via d'uscita; e per indurre ciascuno a diffidare del proprio compagno appena conosciuto, e a confidare, invece, nei partiti, nelle bandiere, nei leader che tutti credono di conoscere davvero, giacché appaiono continuamente alla televisione.
La presenza di questi intrusi, per quanto provata, non spiega tuttavia la portata degli scontri di Genova. Secondo numerose testimonianze, delle circa 300.000 persone presenti, almeno 30.000 parteciparono ad atti violenti, e molte di più cercarono di agevolarli in tutti i modi, individualmente oppure organizzati come Pink Blocs (ad esempio, gli americani di Tactical Frivolity), presenti nel movimento fin da Seattle, i quali non impiegano in prima persona la violenza, ma si impegnano a favorirla tatticamente.
Di tutti costoro, solo una minoranza, senz’altro inferiore al 10 per cento, poteva definirsi BB: gli altri erano individui che, in quella situazione, condivisero e magari anticiparono il loro cammino. Non pochi erano Tute Bianche, o aderenti ad organizzazioni nonviolente, sfuggiti al controllo dei loro dirigenti. Altri ancora erano genovesi indignati che presero parte attiva negli scontri oppure manifestarono la loro simpatia offrendo acqua e riparo ai manifestanti.
E a ben guardare tutto ciò non è poi così strano: invece del consueto effetto paralizzante, l’arroganza dei governanti, ebbe per una volta l’effetto di causare un’esplosione di collera generalizzata che sfociò nella rivolta sociale più violenta degli ultimi 40 anni.
Di fronte a ciò, alcuni ritennero di difendere i «veri» BB che non sarebbero andati a Genova, dai provocatori che agirono al loro posto. Altri ancora ammisero che i «veri» BB c’erano ma li accusarono di non avere riflettuto sulle conseguenze dei propri atti, di essersi sottratti al confronto con gli altri appartenenti al movimento, di essersi rivelati, in sostanza, degli irresponsabili (si veda Liberazione, 8 e 10 agosto, e il sito internet di Rifondazione Comunista, Reds).
Roberto Bui, ideatore di Luther Blissett, aspirante nuovo leader delle Tute Bianche, scrisse in rete che, «nel momento in cui le pratiche del BB sono state usate contro di noi, dobbiamo dire con forza che queste persone sono politicamente morte. E se avessero un minimo di intelligenza dovrebbero essere i primi a fare l’esame di coscienza e suicidare un’esperienza che si è, di fatto, conclusa a Genova» (23 luglio, [email protected]).
Qui, come osservò Oreste Scalzone, bisognerebbe chiedere agli pseudostrateghi della disobbedienza civile se è forse più responsabile dichiarare guerra all’ «impero», gridare ai quattro venti «sfonderemo la zona rossa», usare un linguaggio aggressivo per poi dire, a quelli che a sfondare ci vanno con le pietre, oppure fanno riots, che sono dei rozzi o degli infiltrati. Ed infine gestire tutti insieme la morte di Carlo Giuliani. Da vivo, col suo estintore in mano, Carlo chi era ? A chi disobbediva?


e questo per quanto riguarda le tute bianche o social forum

SPOILER (click to view)
Le Tute Bianche amano presentarsi come un movimento di tipo nuovo, creativo, nonviolento. Sebbene provengano da esperienze operaiste ed ultra leniniste piuttosto truculente la cui espressione teorica è l’opera di Toni Negri, ripudiano adesso l’idea della conquista del potere, rifiutano i modelli monolitici e ostentano l’influenza degli zapatisti messicani e, più precisamente, l’influenza del subcomandante Marcos.
L’immagine è falsa. Infatti, aldilà delle apparenze, le Tute rassomigliano più ad un partito tradizionale con tanto di leader – ora chiamati portavoce –, una separazione netta tra dirigenti ed esecutori, un’ideologia che si allontana sempre più dalla pratica, un raffinato lavoro di lobbying istituzionale, e perfino candidati a cariche elettive nelle amministrazioni comunali e regionali.
Le Tute Bianche sono violente o nonviolente? Diciamo che difendono violentemente le ragioni della nonviolenza. Mentre, ad esempio, i Black Bloc, attaccano la proprietà, le Tute amano spaccare la testa di coloro che contravvengono le loro regole.
I paradossi non finiscono qui: nonostante l’antipatia sovente manifestata in Italia nei confronti dei libertari e delle loro idee, essi coltivano all’estero la fama di essere anarchici. In Messico, dove hanno fatto molto chiasso, sono considerati degli irresponsabili. Ed in Italia sono riusciti a gettare il discreto sul tentativo, nobile all’inizio, di creare un movimento neozapatista nel nostro paese.
In realtà, la pratica delle Tute Bianche nasce all’interno dell’Associazione Ya Basta, creata nel 1996 dall’alleanza di centri sociali definita nella cosiddetta Carta di Milano: il Pedro di Padova ed il Rivolta di Mestre, il Leoncavallo di Milano, il Corto Circuito e il Forte Prenestino di Roma, lo Zapata e il Terra di Nessuno della Liguria e altri ancora.
I centri sociali (spesso menzionati con la sigla CSOA, dove O sta per occupato e A per Autogestito), nati da esperienze locali negli anni 70, nell’area generalmente conosciuta come Autonomia Operaia, costituirono vere e proprie isole di socialità alternativa strappate al grigiore dei ghetti metropolitani, che si dimostrarono capaci di una certa resistenza al riflusso degli anni ottanta.
Aggiungiamo che non sono mai stati una realtà omogenea, ma piuttosto una serie d’esperienze locali che si sono venute diversificando – a volte contrapponendo - nel corso del tempo.
Verso l’inizio degli anni novanta, una parte di essi prese la decisione, molto criticata, di allacciare rapporti di collaborazione con autorità ed enti locali, con l’obiettivo di legalizzare il possesso degli edifici, ottenere riconoscimento istituzionale ed accedere a finanziamenti pubblici.
Non è nostra intenzione scagliare anatemi per questo, né entrare nella merito di una storia complessa e accidentata. Il problema non è trattare con lo stato, ma come e perché si tratta. In Messico, ad esempio, gli zapatisti hanno mostrato che è possibile farlo, mantenendo, allo stesso tempo, un ragionevole margine di autonomia e senza venire meno a due principi irrinunciabili: la trasparenza e la verità.
In quanto all’Italia, la profonda frattura che si era venuta creando all’interno dei centri sociali tra antagonisti e negoziatori venne in parte colmata proprio in seguito alla massiccia ondata di entusiasmo suscitata dalla ribellione degli indigeni messicani il primo gennaio 1994. Si apriva la possibilità di cominciare da capo e di costruire un nuovo grande movimento, non più sul modello della solidarietà, ma su quello, ben più appassionante, del coinvolgimento e della condivisione.
Seguì una tappa unitaria, di breve durata, culminata nel Primo Incontro Intercontinentale per l’Umanità e contro il Neoliberalismo, celebrato in Chiapas nell’agosto 1996, su invito del sub comandante Marcos. Quell’incontro può essere considerato come l’atto di battesimo dell’attuale movimento contro la globalizzazione.
I problemi ricominciarono quando, in seguito alla proposta zapatista di organizzare un secondo incontro in Europa, si avviarono i dibattiti sulle modalità e i percorsi del nuovo appuntamento.
Le future Tute Bianche fondarono allora l’Associazione Ya Basta presentando la proposta di organizzare l’incontro a Venezia con l’appoggio del comune (il sindaco era Massimo Cacciari una persona non certo affine agli zapatisti, né, ad esempio, alla problematica degli immigrati clandestini), più quello di Rifondazione (che allora sosteneva il governo neoliberista dell’Olivo) e de Il Manifesto.
Il viaggio di Bertinotti in Chiapas, insieme con alcuni esponenti del CSOA Corto Circuito di Roma, - organizzato con gran fragore pubblicitario nel gennaio 1997 - siglò la nuova alleanza, di cui gli zapatisti erano solo un pretesto, mentre ciò che realmente contava erano le dinamiche interne italiane e il difficile equilibrio tra forze molto eterogenee.
Per Rifondazione, partito con un occhio puntato sui movimenti e l’altro sui sondaggi elettorali, era vitale mettere radici in quel grande serbatoio di voti che sono i giovani; e per questi centri sociali era importante proseguire la lunga marcia nelle istituzioni. La coalizione dell’Ulivo, da poco insediata grazie alla somma dei voti degli ex comunisti e degli ex democristiani, offriva nuove, inaspettate, opportunità all’operazione.
Tanto in Europa come in Italia, però, il grosso del movimento bocciò la formula veneziana, preferendo la proposta presentata dai collettivi spagnoli di un incontro autorganizzato ed autofinanziato in cinque località della Spagna.
A quel punto Rifondazione e Ya Basta scelsero la via dei rapporti diretti e privilegiati con il comando zapatista, boicottando l’incontro spagnolo con il significativo pretesto che gli organizzatori non erano altro che … un mucchio di anarchici, e spedendo in Chiapas Gianfranco Bettin, prosindaco di Venezia, per invitare gli zapatisti a un incontro concorrenziale, messo in piedi in gran fretta per la fine di settembre.
In seguito, gli aderenti a Ya Basta, non esitarono a proclamare sé stessi Comunità Zapatiste, dando luogo a equivoci grotteschi. Infatti, una cosa è il proclamarsi ribelle di una comunità india a partire da una pratica reale di rottura ed autonomia ed un’altra, molto differente, è che un gruppo di persone si autoproclami «comunità», senza che a ciò corrisponda nulla di autentico.
Nei mesi successivi, il Messico continuò ad essere al centro delle preoccupazioni di tutti in Italia. Il massacro di Acteal (23 dicembre 1997) aprì una nuova fase unitaria il cui punto culminante fu la grande manifestazione di gennaio a Roma: 50.000 persone in piazza per protestare contro la politica genocida del governo messicano.
Su iniziativa dei collettivi che avevano sostenuto l’Incontro in Spagna, in febbraio vi fu l’iniziativa della Commissione Civile Internazionale per l’Osservazione dei Diritti Umani.
Poiché la Costituzione messicana prevede l’espulsione degli stranieri che si intromettono negli affari interni, la commissione si muoveva sul filo del rasoio. Per visitare le zone del conflitto, come a gran voce chiedevano le comunità maya colpite dalla repressione, era necessario ottenere il permesso delle autorità, il che imponeva evidenti limitazioni. Anche la pretesa di essere degli osservatori «neutrali» era un assurdo, però erano in gioco molte vite umane e ne valeva la pena.
L’iniziativa ebbe successo. La Commissione, alla quale parteciparono anche alcuni membri di Ya Basta, riuscì ad intervistare centinaia di persone, scrivendo poi un rapporto dettagliato che fu di grande utilità per tutti coloro che lavoravano sul Chiapas.
Un paio di mesi dopo, in aprile, Ya Basta tornò in Messico, questa volta senza l’ingombro di altra gente. Se in Italia proseguiva a gonfie vele la politica di avvicinamento al governo di centro sinistra, il Chiapas offriva un terreno ideale per dare sfogo alla spinta rivoluzionaria che continuava a venire dalla base.
Il 6 maggio 1998, 135 militanti di Ya Basta forzarono un posto di blocco tenuto da cinque agenti della polizia di frontiera in piena Selva Lacandona. Seguiti da uno stuolo di giornalisti, essi irruppero nel villaggio di Taniperla, uno dei più conflittuali della regione, dove il gruppo paramilitare Movimiento Indígena Revolucionario Antizapatista (MIRA) terrorizzava da tempo la popolazione civile.
Dopo alcuni spintoni e un paio di momenti drammatici, i militanti di Ya Basta tornarono a San Cristobal, non senza rilasciare dichiarazioni incendiarie. Seguirono il rituale dell’espulsione, ed un grottesco viaggio a Strasburgo a bordo di un aereo noleggiato dal governo messicano. È dubbio il beneficio che ne trassero gli indigeni di Taniperla i quali vivevano un dramma autentico. Inoltre, l’incidente servì da pretesto per ridurre ancor più l’erogazione di visti agli osservatori, però l’obiettivo di Ya Basta, far parlare di sé e creare scandalo, era raggiunto.
Più recentemente, in occasione della marcia zapatista del marzo 2001, le Tute Bianche monopolizzarono la sicurezza dell’EZLN, comportandosi come Hell’s Angels a un concerto, ed agendo in maniera violenta ed autoritaria nei confronti degli altri membri della carovana.
Queste prodezze messicane illustrano bene la doppiezza del gruppo: essere intransigenti e rivoluzionari all’estero, ma accettare tutti i compromessi, compresi i più disonorevoli, a casa propria.
Anche l’idea della tuta, messa per la prima volta a Milano verso la fine del 98, si ispira esplicitamente agli zapatisti. Infatti, gli «invisibili» metropolitani vestono di bianco, così come gli indigeni del Chiapas si coprono il volto di nero: per essere visti.
Tuttavia, se il fine è di essere ripresi dai telegiornali, invitati ai talk show e magari stipendiati da qualche istituzione, l’oro delle comunità diventa piombo volgare, mentre le poetiche immagini dei maya («camminiamo interrogandoci», «esercito di sognatori») si convertono in fastidiosi e vuoti ritornelli.
E, per risultare più telegeniche, le contestazioni stesse finiscono per essere concordate con la polizia e gestite come vere e proprie performance teatrali (Guerriglia urbana? Ma vi prego…, Il Manifesto, 1 febbraio 2000). A Milano si è arrivati al punto di presentare come una grande vittoria la chiusura di un lager per immigrati che era già stata decisa dalle autorità.
In occasione del G8 di Genova, nonostante Berlusconi offrisse una sponda assai meno rassicurante dei governi «amici» che lo avevano preceduto, pare ormai accertato esistesse un accordo più o meno esplicito per consentire al corteo dei disubbidienti (altro nome delle Tute Bianche) di operare uno sfondamento simbolico della Zona Rossa in piazza Verdi, seguito da altrettanti simbolici fermi, che sarebbero dovuti cessare la sera.
Ma il nubifragio della notte di giovedì impose alle Tute di posticipare al mattino successivo la «prova generale» dell’attacco, e di partire quindi con più di due ore di ritardo sulla tabella di marcia concordata. Come per Napoleone a Waterloo, la pioggia si doveva rivelare fatale: prima che il corteo potesse infine raggiungere il punto prestabilito, si trovò davanti «alla violenza della Storia» (Marco d’Eramo, Il Manifesto, 24.7.01).
E così la lunga marcia è arrivata al traguardo. Partiti dalla contestazione totale e dal brivido voluttuoso del passamontagna di negriana memoria, essi sono pervenuti a pretendere sconti, treni speciali, aerei e alberghi per andare a contestare, esattamente come i sindacati di regime.
Loro li chiamano «rapporti di concretezza con le istituzioni», però collaborare non è lo stesso di trattare. Si tratta quando si è differenti, mentre quando si collabora si è omologhi. Ne era ben consapevole, già il 23 aprile 1998, un Casarini ancora poco noto che dichiarava al quotidiano Il Gazzettino «Lo Stato non è più, d’ora innanzi, il nemico da abbattere, ma l’omologo con cui dobbiamo discutere».
Tale collaborazione, che li ha condotti, di volta in volta, ad intrecciare relazioni con Rifondazione, i Verdi e gli stessi DS (Casarini è stato consulente retribuito di Livia Turco, ministro degli affari sociali del governo Amato), a ricevere sponsorizzazioni da grandi aziende, a presentare e talvolta far eleggere rappresentanti nei consigli comunali di Venezia, Roma, Milano, ha ormai superato tutti i limiti.
Più volte e in differenti luoghi (Bologna, Aviano, Treviso, Rovigo, Roma, Venezia, Padova… ) le Tute hanno fatto le veci della polizia, aggredendo fisicamente anarchici, autonomi, o semplicemente persone che non condividevano le loro indicazioni.
Istruttivo è anche il loro «breviario della disobbedienza civile», in cui spiccano istruzioni quali: «7. Qualunque iniziativa va concordata con le tute bianche; 8. Non ci deve essere né lancio di alcunché né altro che non sia concordato con gli organizzatori; 11. Durante il corteo nessuna iniziativa personale o di gruppo deve essere messa in atto; 12. Si prega di segnalare alle tute bianche qualunque cosa succeda».
Esasperati da questi comportamenti, alcuni anonimi compagni dell’area antagonista diffusero a principio di luglio, un violento documento contro le Tute che recava il titolo significativo di «Pompieri della rivolta» (lista ecn.org).


diciamo basta credere alle menzogne mediatiche...meglio informarsi prima di parlare..
 
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stinko di santo
view post Posted on 19/6/2007, 08:37




Tu sei sicuro che ci sia stata nessuna denuncia? Io no...
La digos ha a disposizione migliaia mi foto di questi provocatori.....
Nessun sottile ma percepibile appoggio morale: questi tizi arrecano solo danni al movimento no global, che è composto da gente pacifica.
Agnoletto ha usato la parola odio nei confronti di quei poliziotti che hanno spaccato teste e ossa a ragazzi che non avevano fatto niente. E visto che tu stai sempre dalla parte delle forze dell'ordine, non provi lo stesso sentimento verso questi squadristi che tutto mantengono fuorchè l'ordine?
Esaminiamoci pure le coscienze e autocritichiamoci quanto basta, ma se in un corteo che è composto da gente pacifica e persino da sacerdoti si infiltrano loschi figuri come questi "black block" o come diavolo si chiamano, cosa si può fare? A me mancano le idee, forse puoi aiutarmi tu.....

Ciao.
 
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The PLayeR!
view post Posted on 19/6/2007, 08:57




ti ripeto di leggere le mie spiegazioni..così forse si capisce meglio..il black bloc fa violenza solo contro le proprietà..non usatelo come capro espiatorio..
 
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stinko di santo
view post Posted on 19/6/2007, 09:36




Il solo citare la parola "violenza" ti mette automaticamente fuori gioco...
Spiegazioni? Quali? Inesatte e superficiali.....
A proposito: Il black block fa violenza contro le proprietà..... Ho visto bruciare delle Panda e sfasciare vetrine di piccoli commercianti.... noti simboli del capitalismo.....
Quanto sono lontani Gandhi e la marcia del sale.....

Ciao.
 
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Tricolore91
view post Posted on 19/6/2007, 09:40




CITAZIONE (stinko di santo @ 19/6/2007, 09:37)
E visto che tu stai sempre dalla parte delle forze dell'ordine, non provi lo stesso sentimento verso questi squadristi che tutto mantengono fuorchè l'ordine?


Ciao.

Questo l'ho scritto io infatti:
CITAZIONE
Io sono sempre dalla parte delle Forze dell'Ordine. Sempre.
Ed in questa discussione chi è dalla parte della Polizia non può non essere indignato nei confronti di chi -nella scuola Diaz- quella divisa l'ha infangata e non può non essere dalla parte di quei ragazzi che con coraggio hanno resistito ad un pestaggio di stampo sudamericano.

Cominciassero a far pagare il prezzo del disonore ai loro superiori, e si accertino quindi (per quanto possibile) le responsabilità dei singoli.

Porca miseria!



CITAZIONE (The PLayeR! @ 19/6/2007, 09:57)
ti ripeto di leggere le mie spiegazioni..così forse si capisce meglio..il black bloc fa violenza solo contro le proprietà..non usatelo come capro espiatorio..

Non so se ridere o piangere dopo aver letto questa affermazione.
 
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micio000
view post Posted on 19/6/2007, 09:44




CITAZIONE (The PLayeR! @ 19/6/2007, 09:57)
il black bloc fa violenza solo contro le proprietà

è vero, quelle degli altri, quelle del papi non ci pensano nemmeno a toccarle
 
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The MailMan
view post Posted on 19/6/2007, 09:45




CITAZIONE (stinko di santo @ 19/6/2007, 00:43)
Non mi stancherò mai di ripetere che la gente che fa la guerriglia non c'entra niente col social forum. Capire questo sarebbe un grande passo in avanti.

stessa cosa si potrebbe dire di quei fascisti-squadristi che sono all'interno delle forze dell'ordine e che rovinano la reputazione di queste?
forse, ma da ambo le parti ci dovrebbe essere denuncia di fatti e persone che vanno fuori dalla legge.

cordialità
 
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Terra & Libertà
view post Posted on 19/6/2007, 10:03




MA chi sono questi black block? Quali sonio le loro politiche? I riesco solo a riconoscerli perche sono neri, non certo da quello che dicono.

Ma non sono i soli ad esercitare violenza, è violenza anche occupare uno stabile disabitato e metterci dentro una famiglia togliendola da sotto un ponte, è vilenza anche fermare un treno o una strada. Era vilanza anche i sit in di ghandi, visto che è stato chiamato in causa. Non sempre la violenza è inopportuna.

E secondo me, in un mondo in cui è negata la cura a centinaia di migliaia di bimbi con la sola giustificazione che non si possono intaccare le rendite delle multinazionali farmaceutiche, se serve ad attirare l'attenzione una vetrina di una banca può anche venir giù.

 
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The PLayeR!
view post Posted on 19/6/2007, 10:05




è una cosa molto complessa da analizzare...il black bloc è nato così..poi a genova ci sono state infiltrazioni che hanno degenerato la cosa..ma senon sapete non parlate..voi parlate per luoghi comuni..

CITAZIONE (Terra & Libertà @ 19/6/2007, 11:03)
MA chi sono questi black block? Quali sonio le loro politiche? I riesco solo a riconoscerli perche sono neri, non certo da quello che dicono.

Ma non sono i soli ad esercitare violenza, è violenza anche occupare uno stabile disabitato e metterci dentro una famiglia togliendola da sotto un ponte, è vilenza anche fermare un treno o una strada. Era vilanza anche i sit in di ghandi, visto che è stato chiamato in causa. Non sempre la violenza è inopportuna.

E secondo me, in un mondo in cui è negata la cura a centinaia di migliaia di bimbi con la sola giustificazione che non si possono intaccare le rendite delle multinazionali farmaceutiche, se serve ad attirare l'attenzione una vetrina di una banca può anche venir giù.

sono d'accordo... :quoto:
 
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stinko di santo
view post Posted on 19/6/2007, 12:14




CITAZIONE (The MailMan @ 19/6/2007, 10:45)
CITAZIONE (stinko di santo @ 19/6/2007, 00:43)
Non mi stancherò mai di ripetere che la gente che fa la guerriglia non c'entra niente col social forum. Capire questo sarebbe un grande passo in avanti.

stessa cosa si potrebbe dire di quei fascisti-squadristi che sono all'interno delle forze dell'ordine e che rovinano la reputazione di queste?
forse, ma da ambo le parti ci dovrebbe essere denuncia di fatti e persone che vanno fuori dalla legge.

cordialità

Certamente si.
 
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fdl68
view post Posted on 19/6/2007, 12:42




CITAZIONE (micio000 @ 19/6/2007, 10:44)
CITAZIONE (The PLayeR! @ 19/6/2007, 09:57)
il black bloc fa violenza solo contro le proprietà

è vero, quelle degli altri, quelle del papi non ci pensano nemmeno a toccarle

ho letto in tanti topic opinioni e idee diverse dalle mie senza però odiare nessuno in nessunissima discussione..tu sei l'eccezzione però, anche se non te ne frega niente, come farei io a parti invertite...sicuramente dirai che non 6 fascista, non sei chiesarolo, che non 6 niente, ma le tue idee e come le esprimi ti rendono la persona più idiota che ho mai conosciuto..mi viene il ribrezzo quando leggo le tue perle di saggezza...potrei anche non leggerle, nessuno mi obbliga, ma sono come una droga, non posso farne a meno..il bello è che ti credi di saperne di puiù degli altri e di essere dalla parte della ragione...ma ovviamente dirai che non è vero che ti senti superiore..
 
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fdl68
view post Posted on 19/6/2007, 12:50




CITAZIONE (The PLayeR! @ 19/6/2007, 11:05)
è una cosa molto complessa da analizzare...il black bloc è nato così..poi a genova ci sono state infiltrazioni che hanno degenerato la cosa..ma senon sapete non parlate..voi parlate per luoghi comuni..

CITAZIONE (Terra & Libertà @ 19/6/2007, 11:03)
MA chi sono questi black block? Quali sonio le loro politiche? I riesco solo a riconoscerli perche sono neri, non certo da quello che dicono.

Ma non sono i soli ad esercitare violenza, è violenza anche occupare uno stabile disabitato e metterci dentro una famiglia togliendola da sotto un ponte, è vilenza anche fermare un treno o una strada. Era vilanza anche i sit in di ghandi, visto che è stato chiamato in causa. Non sempre la violenza è inopportuna.

E secondo me, in un mondo in cui è negata la cura a centinaia di migliaia di bimbi con la sola giustificazione che non si possono intaccare le rendite delle multinazionali farmaceutiche, se serve ad attirare l'attenzione una vetrina di una banca può anche venir giù.

sono d'accordo... :quoto:

quoto..si possono dire cose e fare azioni POLITICALLY SCORRETT senza essere per forza dei torroristi..sto leggendo in questo giorni NO LOGO, ovviamente molti di voi diranno che l'autrice è faziosa ecc ecc, e poi dentro ci sono cose che si potrebberro immaginare anche senza leggere il libro, ma alcuni racconto sono abbastanza illuminanti e fanno capire come dietro a certa violenza che sarebbe facile condannare ogni tanto ci siano motivazioni vere e profonde..io penso che sia sempre da condannare le violenze fisiche su persone, non sono della stessa idea se si colpiscono simboli di violenza su altre persone, perchè dio violenza si deve parlare per quello che le multinazionali fanno ai dipendenti e a noi compratori ignoranti..ho bevuto coca cola in vita mia, ho comprato nike e mi sono affidato, e continuo a farlo, a multinazionali però questo non toglie che ci si possa documentare e informare..il boicotaggio è un arma pericolosa, perchè penalizza i padroni, ama anche le persone che prendono quel poco per campare a malapena, però dimostrare la propria avversione, anche con qualche vetrina rotta, sarà un reato, ma giustificabile..mai però colpire le persone perchè poi si passa dalla parte del torto
 
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micio000
view post Posted on 19/6/2007, 13:26




CITAZIONE (fdl68 @ 19/6/2007, 13:42)
CITAZIONE (micio000 @ 19/6/2007, 10:44)
è vero, quelle degli altri, quelle del papi non ci pensano nemmeno a toccarle

ho letto in tanti topic opinioni e idee diverse dalle mie senza però odiare nessuno in nessunissima discussione..tu sei l'eccezzione però, anche se non te ne frega niente, come farei io a parti invertite...sicuramente dirai che non 6 fascista, non sei chiesarolo, che non 6 niente, ma le tue idee e come le esprimi ti rendono la persona più idiota che ho mai conosciuto..mi viene il ribrezzo quando leggo le tue perle di saggezza...potrei anche non leggerle, nessuno mi obbliga, ma sono come una droga, non posso farne a meno..il bello è che ti credi di saperne di puiù degli altri e di essere dalla parte della ragione...ma ovviamente dirai che non è vero che ti senti superiore..

quello che scrivi non meriterebbe nessun commento se non la precisazione che chi mi conosce in questo forum sa benissimo che sono tutt'altro di quello che descrivi, non mi ritengo per niente saggio, non penso di saperne piu' degli altri e non penso di essere sempre dalla parte della ragione, esprimo soltanto le mie personalissime opinioni, ho stima di tanti utenti che non la pensano come me come per esempio Terra, Conmar o shadow con i quali ho avuto diversi scambi di opinioni sempre in maniera civile e senza insulti come invece stai facendo tu. D'altronde l'educazione è una merce molto rara e quando non la si insegna a scuola la famiglia dovrebbe provvedere di conseguenza. Non è il tuo caso. I moderatori se vogliono intervenire intervengano altrimenti lascino delirare in solitudine questo infimo personaggio da 4 soldii
 
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400 replies since 14/6/2007, 17:57   4033 views
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