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S.S.C. NAPOLI

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Cicero
view post Posted on 13/9/2006, 07:09 by: Cicero




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Si diverte, giocando. Gioca per divertire. Roberto De Zerbi, il giocatore che eccita la fantasia dei napoletani, è capitato nel posto giusto al momento giusto. Al San Paolo stavano aspettando proprio uno come lui. Abituati ai numeri di Maradona e Zola, ma anche alle prodezze di Di Canio e Benny Carbone, per anni avevano atteso invano un giocatore che sapesse andarsene in dribbling, fornire assist, indirizzare i calci da fermo nel sette della porta avversaria. A De Zerbi, non ancora al massimo dei giri, è bastato poco per stregare una folla ormai stanca di vedere un calcio piatto, scontato, senza più lampi di genio: un paio di numeri contro l’Inter e la Juve durante il trofeo Moretti, assist con il Frosinone, un servizio al bacio per Bucchi con la Juve in Coppa Italia e un altro ancora per lo stesso compagno con il Treviso oltre a tocchi di classe pura nel corso della stessa gara. Può dare di più, chi ha avuto modo di seguirne la maturazione negli ultimi quattro campionati (3 a Foggia, 1 ad Arezzo, 1 a Catania) sa che De Zerbi, specie se trova la situazione tattica ideale, è capace di esaltarsi a tal punto da trascinare da solo la propria squadra alla vittoria. A chi si domanda come mai un bresciano possieda tanto estro e gusto per la giocata alla sudamericana, replica: « Mio padre è originario di Oppido Mamertina nel Parco Nazionale dell’Aspromonte e nelle mie vene scorre anche un po’ di sangue sudista ». Suo padre Alfredo gestisce un ristorante a Brescia. Quando seppe che Roberto era passato al Napoli offrì pizza e birra ai tanti napoletani che risiedono da qualle parti, tanta la gioia. Immaginava che nel tempio che fu di Maradona e Zola, suo figlio si sarebbe esaltato ancora più di Foggia dove aveva contribuito ad una promozione in C1 o di Catania dove era stato decisivo per la conquista della serie A. E sempre con lo stesso allenatore: Pasquale Marino. Aveva sei anni quando in compagnia del papà andò a vedere un Brescia-Napoli, innamorandosi di quel riccioluto di nome Maradona che saltava avversari come birilli. Poi, dall’oratorio passò al settore giovanile del Milan alla dipendenze di Mauro Tassotti e qui amava spiare le serpentine di Boban o quelle di Savicevic. Ma cominciava ad ammirare anche le sforbiciate di Roberto Mancini, le punizioni di Maradona. E poi, l’ascesa di Gianfranco Zola. A De Zerbi sono sempre piaciuti i calciatori di talento, i numeri “10' famosi, anche se si reputa più attaccante che trequartista. A Foggia lo chiamavano “la luce” ma lui è così estroverso in campo quanto taciturno fuori. Teme l’eccessiva euforia della gente che lo circonda anche se fa di tutto per alimentarla. La teme perché ha sofferto troppo prima di esplodere. C’è tanta gavetta nella sua carriera. Ed anche troppi contrattempi. Per due anni, dal 2000 al 2002, ha dovuto lottare contro un malanno al ginocchio destro. Temeva di smettere con il calcio. Poi, l’intervento, il recupero atletico, l’incontro con l’allenatore Marino, l’estrinsecazione delle sue doti tecniche. Al suo fianco hanno realizzato gol a raffica anche i compagni, Del Core, Abbruscato, Spinesi. Ed oggi sono pronti alle abbuffate, Cristian Bucchi ed Emanuele Calaiò.
E’ sposato con Elena, di origini olandesi, hanno due figli, Elisabetta e Alfredo. Ha trovato casa a Posillipo, vista mare. Il suo hobby è rivedere al videotape le imprese dei numeri 10 famosi. Di Maradona sa quasi tutto ormai ma è persino contento che quella maglia sia stata ritirata. Troppa responsabilità. Meglio la “20' anche se la voglia di accendere il San Paolo è la stessa.

corrieredellosport
 
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