CITAZIONE (nicholasurfe @ 26/10/2019, 00:32)
Qualche giorno fa mio figlio è tornato raggiante a casa cercando di nascondermi una coppa gigantesca . Impresa un tantino difficile, visto che gli ho aperto la porta e la coppa non era solo grande ma placcata in finto oro. Voleva farmi una sorpresa e farmela trovare sul cuscino, ma a quel punto ha dovuto raccontarmi tutto. Aveva vinto la coppa in una gara endurance di 6 ore sui kart, ottenendo la pole position davanti a team professionistici e a piloti di lungo corso. Naturalmente mi sono fatto raccontare tutto, l'ho ascoltato, ho gioito della sua gioia e della sua nuova passione. Ma la mia mente, lo confesso, vagava altrove, e rotolava all'indietro sospinta dall'inerzia della memoria.
E mentre lo ascoltavo parlare di curve e traiettorie, pit stop, strategie di gara, pneumatici, staccate, a me veniva in mente quando lo accompagnavo in palestra e aspettavo che finisse di allenarsi leggendo o lavorando.
Mi veniva in mente l'odore pulito, ancora da bambino, che aveva il suo sudore quando finiva l'allenamento e riempiva l'abitacolo dell'auto del ricordo che poi sarebbe diventato.
La mia memoria vagava all'indietro al ricordo delle infornate dei suoi compagni di squadra che bisognava caricare in macchina per portarli a giocare chissà dove e di quanto fossero bellissimi tutti.
Pensavo che la forma di dolore più crudele è quella irrimediabile della memoria, quando ti assale di soppiatto, senza che tu lo voglia, e ti costringe a ricordare quella volta che segnò 40 punti e alla fine della partita si vergognava come un ladro, e non voleva che della cosa si parlasse, perché ne aveva vergogna rispetto ai compagni.
O di quando i punti sono poi diventati 30, 25, 18, 12 e poi 5 o 6 a partita perché l'amore per il gioco era finito e la passione stantia era diventata un vicolo cieco sul percorso della crescita e dell'evoluzione.
Il basket visto attraverso i figli ha la tremenda caratteristica di essere insieme dolcissimo e crudele, perché accompagna la loro crescita, la loro evoluzione e infine il loro abbandono. Ma possiede qualcosa che nessuno potrà mai toglierci, il retaggio di quegli odori, quei rumori, quelle partite che abbiamo vissuto insieme a loro.
Ci lascia a casa qualche maglietta stinta, di taglia small, e la preoccupazione che non si facesse male, che tutti si rialzassero sempre dopo ogni scontro o ruzzolone.
Ci lascia i ricordi di certe partite vinte come battaglie delle Termopili e sconfitte più cocenti di Caporetto.
Lunghi viaggi in macchina in una cappa di silenzio o esaltati a parlare di quella certa azione, di quel canestro, di quella stoppata.
Niente nel basket che seguiamo con i nostri figli ci lascia indifferenti, tutto è una scia chimica che ci segna profondamente anche se ci colpisce con la leggerezza di una singola partita. Ma se poi mettiamo insieme tutto il tempo che abbiamo passato insieme a loro nei viaggi, sugli spalti, seguendoli in allenamento o in trasferta, vedendoli giocare campionato dopo campionato, ci rendiamo conto che l'unione che oggi ci lega nasce proprio da quel basket che abbiamo vissuto insieme.
Forse è per questo che la fine dell'epoca del basket giovanile ci segna con un dolore che è insieme malinconia e dispiacere, rimpianto, ricordi che sapiamo irripetibili.
E ciò che più mi colpisce oggi non è una coppa di kart sulla mensola ma vedere ancora in giro nei cassetti delle calze di basket lavate talmente tante volte da essere diventate aspre come carta vetrata. E' ritrovare in fondo alla cassapanca delle vecchie scarpe sfondate taglia 41 adesso che porta il 46.
La memoria del basket dei nostri figli è una brutta bestia bastarda, non c'è niente da fare. Se ne sta in agguato sul fondo della nostra mente e si mimetizza insieme alla felicità che ricordiamo bene, alle mille partite viste, alle cento vittorie, alle stramaledette sconfitte, al senso di ineluttabile dolcezza che segue poi sempre il giorno dopo, quando ricomincia la settimana di allenamento e tutto sembra assumere di nuovo i contorni delle infinite possibilità.
Sappiamo bene che questo percorso prima o poi si interromperà, che l'età adulta porterà con sé nuove passioni, e sappiamo che ciò coincide ineluttabilmente con i cassetti ricolmi della nostra memoria che pian piano si chiudono e che non si riapriranno più.
Sappiamo che i nostri figli stanno diventando adulti e noi un po' più vecchi di quanto vorremmo.
Ma sappiamo anche che il basket ha costruito tra noi un legame indistruttibile, che si protrarrà nel tempo sotto altre forme, e che saremo per sempre un padre e un figlio che si sono conosciuti meglio attraverso lo sport e di certo hanno imparato così ad amarsi di più.
Se la memoria diventa preponderante rispetto al quotidiano è segno che quell'amore si è evoluto in modi nuovi, ma io credo che resteremo per sempre, dentro di noi e tra noi, un padre che fa il tifo per suo figlio che gioca in campo. Per sempre nella nostra memoria e nell'amore che abbiamo l'uno verso l'altro.
Si devo ammettere che hai descritto molto bene quello che hanno vissuto e/o continuano a vivere molti genitori. Chapeau